"No a richiami in ritardo per giustificare la somministrazione di qualche prima dose in più"
Di NS
Parla il farmacologo Filippo Drago: "Le schede tecniche non possono essere violate, se ne rispettino i tempi". E avverte: "Altrimenti si rischia di non assicurare una copertura vaccinale sufficiente"
di Marta Tartarini
Bisogna rispettare la scheda tecnica dei vaccini, il richiamo va somministrato nei tempi indicati per assicurare una copertura efficace. Filippo Drago, professore di Farmacologia presso l'Università degli studi di Catania e componente dell'Unità di crisi Covid della Società italiana di farmacologia, è netto sulla necessità di seguire le indicazioni della seconda dose. Un tema che si pone anche in vista delle vacanze e che, spiega intervistato da Nursind Sanità, è "delicato perchè implica aspetti regolatori e logistici, che è bene chiarire".
Iniziamo a chiarire gli aspetti regolatori.
I quattro vaccini attualmente disponibili sono stati approvati dall'autorità regolatoria europea e nell'atto di autorizzazione è contenuta la scheda tecnica che spiega quando somministrare la seconda dose. Si tratta di un documento che non può essere violato, non lo può fare l'Ema che andrebbe contro le sue stesse regole, nè l'Aifa.
Escluso Johnson & Johnson che viene somministrato in una unica dose, cosa prevede la scheda tecnica per gli altri tre vaccini?
Nel caso di Astrazeneca la dose va somministrata in un intervallo temporale che va dalle 4 alle 12 settimane. In via eccezionale, stiracchiando la scheda tecnica, si può arrivare a 23 settimane, perchè alcuni soggetti, durante lo studio clinico, hanno ricevuto la seconda dose fino a un massimo di 23 settimane dopo la prima.
Nel caso di Pfizer e Moderna, invece?
Qui la scheda tecnica è molto restrittiva: la seconda dose va somministrata dopo 21 giorni o al massimo si può arrivare a 42 giorni, ma solo in casi eccezionali perchè la stragrande maggioranza dei soggetti nello studio clinico ha ricevuto il richiamo a 21 giorni dalla prima. Per Moderna poi la scheda è ancora più restrittiva: il richiamo fa fatto dopo 28 giorni, fino a un massimo di 35.
Lei parlava di un aspetto logistico, a cosa si riferisce?
Teoricamente, più in là facciamo il richiamo e più soggetti possiamo vaccinare con la prima dose, ma parliamo di qualche migliaio di persone. Io credo che il vantaggio di avere qualche soggetto vaccinato in più non può giustificare il rischio di somministrare una seconda dose in ritardo, che può non assicurare una copertura vaccinale sufficiente. Basta acquistare qualche migliaio di dosi in più senza correre alcun rischio in termini di efficienza della campagna vaccinale.
Quindi, il problema è l'organizzazione della campagna vaccinale e l'approvvigionamento più che il richiamo dilazionato?
Esatto, noi abbiamo un sistema vaccinale ancora poco efficiente, non comparabile con quello della Gran Bretagna che è uscita in modo elegante ed efficace dall'emergenza della pandemia, perchè ha vaccinato tantissimi soggetti con il prodotto di Astrazeneca senza farsi le paturnie psicologiche che ci siamo fatti in Italia.
Lei, allora, per il richiamo di Astrazeneca cosa consiglia?
Di rispettare la scheda tecnica. Il vero problema è fornirsi di più dosi possibile, anche in vista della necessità che avremo di tornare a vaccinarci per la seconda volta. Cosa che dovremo organizzare a distanza di 9 mesi per Pfizer e Moderna, di 1 anno per Astrazeneca.
Man mano che procede la campagna vaccinale si arriva alle fasce più giovani. Pensa che tra loro possa esserci minore attenzione circa la necessità di vaccinarsi?
Non credo avremo difficoltà con i giovani. Tra pochi giorni avremo l'autorizzazione ad utilizzare Pfizer nella fascia di età tra i 12 e i 15 anni. In questo caso si tratta di soggetti che seguiranno l'esempio dei genitori. Per quanto riguarda i ventenni, quando verrà il loro turno, potranno usare i vaccini attualmente in commercio che sono destinati a chi ha più di 18 anni. Nei loro confronti sarà efficace una comunicazione che coinvolga dei testimonial che parlano il linguaggio dei giovani. Non penso comunque che avremo problemi: il fenomeno dei 'no vax' riguarda fasce di età più elevate.
Ultimamente si sono verificati casi, seppure isolati, di somministrazioni di più dosi per errore. L'ultimo in ordine di tempo riguarda una donna livornese che ne ha ricevute quattro. Ci dobbiamo preoccupare?
Si tratta appunto di casi isolati: un errore su milioni di somministrazioni francamente non mi preoccupa. Ma soprattutto quanto avvenuto non deve far pensare che l'iniezione debba essere fatta necessariamente da un medico. Il successo della campagna vaccinale sta proprio nel coinvolgere più operatori possibile, quali farmacisti e volontari formati ad hoc, come hanno fatto in Inghilterra e negli Stati Uniti.
Si sente dunque di rassicurare chi per errore dovesse ricevere più dosi?
In quei rari casi credo si possa verificare un'eccessiva espressione di anticorpi. Porto un esempio: io sto seguendo un soggetto che si è vaccinato non sapendo di essere stato affetto da Covid. Il suo organismo ha prodotto un numero eccessivo di anticorpi, il che gli ha causato cefalea e problemi muscolari, ma vorrei rassicurare: non sono problemi preoccupanti.
Il commissario straordinario Figliolo continua a richiamare le Regioni sui soggetti fragili. Condivide questa priorità?
L'immunità di gregge è nell'interesse della comunità, l'immunizzazione dei soggetti fragili è nell'interesse soprattutto degli stessi soggetti fragili. In una società fondata su principi etici sono i più deboli che vanno difesi, ma credo che si possa procedere in parallelo anche con le altre fasce d'eta perchè si tratta di vaccinazioni che avvengono con modalità diverse e non sovrapponibili. Il Lazio, ad esempio, ha dimostrato un'efficienza lodevole in questo senso ed è un modello che va seguito per la sua organizzazione ma anche per la sperimentazione dei monoclonali.
I monoclonali, appunto. Sono veramente efficaci contro il Covid?
Li dovremmo usare molto di più di quanto non facciamo oggi: salvano la vita dei malati e riducono i ricoveri.