03 Febbraio 2023

Tumori, pesano le disuguaglianze: in Europa il 32% dei decessi è associato a povertà e bassa istruzione

In Italia ancora forte il gap Nord-Sud sugli screening. Aiom: “Troppo tempo in burocrazia, serve personale per aiutare i clinici". Il ministro Schillaci: "In arrivo 20 mln per il Piano oncologico, il malato al centro”

Di NS

In Europa il 32% delle morti per cancro negli uomini e il 16% nelle donne sono associati alle disuguaglianze socioeconomiche, in particolare a bassi livelli di istruzione e reddito. Le persone meno istruite e più povere adottano stili di vita scorretti, eseguono con scarsa frequenza gli screening, non accedono ai sistemi sanitari e troppo spesso arrivano alla diagnosi di tumore in fase già avanzata. Queste disparità sono meno evidenti nei Paesi che presentano sistemi sanitari universalistici come il nostro, in grado di garantire le cure a tutti. L’Italia, però, deve colmare il divario nell’adesione ai programmi di screening che ancora permane fra Nord e Sud. E’ questo il quadro tracciato da Aiom-l'Associazione italiana di oncologia medica oggi in Senato durante il convegno nazionale “Close the Care Gap”, alla vigilia della Giornata mondiale della lotta al cancro.

 

Secondo l’Associazione serve un grande piano di sensibilizzazione per recuperare queste lacune. Inoltre, nel nostro Paese, più del 50% del tempo di ogni visita oncologica è assorbito da adempimenti burocratici. Per questo gli specialisti chiedono di assumere personale che possa occuparsi di questi aspetti. Solo così avranno più tempo a disposizione per visitare i pazienti.

Da parte sua il ministro della Salute Orazio Schillaci ha ribadito che per il Piano oncologico nazionale arriveranno "oltre 20 milioni di euro con l'approvazione del decreto Milleproroghe" e le risorse "rafforzeranno ulteriormente l'efficacia del Piano, che affronta tutti gli aspetti delle malattie neoplastiche e sottolinea la centralità del malato e il superamento delle diseguaglianze".
"Ci siamo impegnati da subito sul tema prioritario della prevenzione e della cura del cancro. Un primo segnale - ha ricordato il ministro - è stato accelerare l'adozione del Piano oncologico 2023-2027, approvato pochi giorni fa anche dalla Conferenza Stato-Regioni: uno strumento strategico per la prevenzione, per migliorare assistenza e cura delle persone, anche arginando gli effetti collaterali della pandemia da Covid-19 che ha rallentato i programmi di screening, le diagnosi e a volte anche le terapie".

Oggi, ha rimarcato ancora Schillaci, “abbiamo gli strumenti per colmare il care gap, a cominciare dall'implementazione su tutto il territorio nazionale delle reti oncologiche, attraverso l'integrazione tra ospedale e servizi territoriali, per una presa in carico del pazienti che hanno bisogni diversi e complessi, alcuni dei quali possono trovare risposte più appropriate anche nel territorio. Ecco perchè è importante costruire una medicina del territorio forte, che però richiede adeguato personale sanitario, socio-sanitario e tecnico, oggi carente a causa di una programmazione spesso miope e di anni di blocco del turn over del personale. La piena attuazione della riforma dell'assistenza territoriale passa per un investimento sulla dotazione di personale, così come l'obiettivo di portare al 10% l'assistenza domiciliare per la popolazione over 65".

Intanto, i numeri sono preoccupanti. "In tutto il Pianeta, ogni anno, si stimano 18 milioni di nuovi casi di tumore e sono quasi 10 milioni i decessi – afferma Saverio Cinieri, presidente Aiom -. In uno studio pubblicato recentemente, è stato evidenziato che, in Europa, il rischio di morire di cancro aumenta progressivamente al diminuire del livello socioeconomico. Le neoplasie che più risentono del gradiente sociale sono quelle del polmone, stomaco e cervice uterina. Più si comprendono i processi biologici, i fattori di rischio e i determinanti della salute che favoriscono l’insorgere dei tumori, più efficaci diventano la prevenzione, la diagnosi e il trattamento. Vanno contrastati i principali fattori di rischio, tenendo conto di tutti i determinanti della salute, tra cui istruzione e status socioeconomico. Serve una visione a 360 gradi, che includa anche le condizioni di disagio dei cittadini, per non lasciare indietro nessuno”.

In Europa circa un terzo delle morti per tumore negli uomini è associato a disuguaglianze socioeconomiche (si arriva a quasi la metà nell’Europa dell’Est), per le donne questa proporzione è uno a sei (una su quattro nell’Europa dell’Est). “L’Italia, come altri Paesi mediterranei, sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori – continua -. Ma vi sono aree su cui servono interventi urgenti, a partire dalla sensibilizzazione dei cittadini sui corretti stili di vita. Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. In particolare, il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio, associato all’insorgenza di circa un tumore su tre e a ben 17 tipi di neoplasia, oltre a quella del polmone. Le differenze sociali nel fumo, che vedono più esposte le persone con minori risorse economiche o basso livello di istruzione, nel nostro Paese si mantengono nel tempo ampie e significative, a fronte di una riduzione che coinvolge di più gli individui meno svantaggiati”.
Nel 2021 l’abitudine tabagica fra i cittadini che dichiarano di affrontare molte difficoltà economiche ad arrivare alla fine del mese è stata pari al 37% e analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 20% fra il 2008 e il 2021.
Non solo. “Secondo stime del ‘World Cancer Research Fund’, il 20-25% dei casi di tumore è attribuibile a un bilancio energetico troppo ricco, legato al binomio eccesso ponderale e sedentarietà – sottolinea Francesco Perrone, presidente eletto Aiom -. In Italia, il 31% dei cittadini è sedentario e il 10% è obeso, ma queste percentuali raggiungono, rispettivamente, il 45% e il 17% fra coloro che sono in difficoltà economiche o presentano un basso livello di istruzione. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, integrando cambiamento individuale e trasformazione sociale, attraverso lo sviluppo di programmi di promozione della salute”.

Servono più sforzi anche per implementare i programmi di screening. “Nel 2021 – continua Perrone – si è osservato un ritorno ai dati pre-pandemici per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Ma non basta, perché restano ancora troppe differenze regionali. In particolare, nel 2021, al Nord i valori di copertura della mammografia hanno raggiunto il 63% rispetto al 23% al Sud. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il dato è del 45% rispetto al 10%. Nello screening cervicale, al 41% delle Regioni settentrionali fa da contraltare il 22% di quelle meridionali. Il divario Nord-Sud era già evidente prima della pandemia, ma molte Regioni meridionali non sono ancora riuscite a recuperare i ritardi accumulati durante l’emergenza sanitaria. È necessario un impegno straordinario per migliorare i livelli di adesione in queste aree. Per quanto riguarda, ad esempio, la ricerca del sangue occulto nelle feci per l’individuazione del tumore del colon-retto si può prevedere il coinvolgimento dei farmacisti. Per colmare il divario territoriale, la nostra società scientifica lancerà nelle prossime settimane una grande campagna di sensibilizzazione rivolta alle Regioni del Sud”.

Un’altra forte criticità, che rischia di compromettere la qualità delle cure, riguarda gli adempimenti burocratici che assorbono più della metà del tempo di ogni visita oncologica. “Una ricerca svolta in 35 strutture ospedaliere, per un totale di 1469 pazienti visitati, ha mostrato che, durante un appuntamento, per 11 minuti dedicati alla visita della persona, ulteriori 16 vengono spesi per la compilazione di moduli, prenotazione di appuntamenti, visite, esami, letti e poltrone per ricoveri o day hospital, prescrizioni, invio di e-mail – spiega Rossana Berardi, membro del direttivo nazionale Aiom -. Un dato che probabilmente è addirittura sottostimato, perché molti centri dedicano giorni fissi a queste attività”.

E poi c’è il nodo personale. “La scarsità dei clinici è diventata una vera emergenza, causata da molti fattori: la pandemia, il numero chiuso delle facoltà di Medicina mantenuto per troppi anni, l’alto numero di pensionamenti e il blocco del turnover – continua Berardi –. Le Regioni potrebbero affrontare questa situazione e liberare i clinici dalle attività burocratiche. Come Aiom proponiamo un modello di affiancamento di nuovo personale agli oncologi. Figure amministrative e paramediche, biologi o data manager in grado di supportare il personale sanitario durante le visite, per accorciarne la durata e aumentarne il numero. Meno tempo dedicato a compilare moduli significa più ore a disposizione per le visite dei pazienti. Si tratta di una soluzione concreta, con effetti immediati e misurabili sull’emergenza, che comporterebbe una valorizzazione del lavoro del clinico e una ricaduta positiva su tutto il sistema”.
“Il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina è stato la regola per anni e oggi ne paghiamo il prezzo – conclude il presidente Cinieri -. Ci vorranno anni perché i nuovi iscritti possano iniziare a lavorare e a coprire il vuoto che si è creato. Mancano medici di famiglia, professionisti nei Pronto Soccorso e nei reparti ospedalieri, specialisti negli studi. Nei prossimi anni, molti clinici oggi attivi andranno in pensione. È necessario attivarsi con proposte concrete di politica sanitaria. Sollevare i medici dalle attività amministrative permetterebbe di tamponare la situazione prima che si aggravi ulteriormente. Chiediamo maggior attenzione per affrontare la pandemia di cancro, più spazi fisici e più professionisti in staff, comprese figure di aiuto come gli psiconcologi, data manager e case manager”.

 

 

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