Covid, uno studio della Sapienza: troppi anticorpi all'origine di alcuni dei casi più gravi
Secondo la ricerca, condotta con Iss e John Hopkins University, una risposta immunitaria molto forte neutralizza gli interferoni, molecole in grado di fermare il virus

Perché alcuni individui sviluppano una forma di malattia da Covid-19 molto più grave rispetto ad altri? Sul banco degli imputati nello sviluppo delle forme più gravi sembrerebbe esserci l’elevata produzione di anticorpi in grado di neutralizzare alcuni modulatori del sistema immunitario, gli interferoni di tipo I (IFN- I), compromettendone l’attività biologica e antivirale.
Gli interferoni sono proteine prodotte naturalmente dalle cellule, in grado di interferire - da cui il nome - con la crescita di un virus, e di modulare le funzioni di diverse cellule del sistema di difesa dell'organismo (sistema immunitario). Da queste molteplici funzioni derivano le diverse applicazioni terapeutiche degli interferoni, che spaziano dalle infezioni virali (epatite B e C) ai tumori e alle malattie autoimmunitarie.
A dimostrarlo sono due nuovi studi, condotti dal gruppo di ricerca di Guido Antonelli del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza, in collaborazione con i dipartimenti di Sanità pubblica e malattie infettive e Medicina sperimentale, l’Istituto superiore di sanità e la Johns Hopkins University e pubblicati recentemente sulle riviste European Journal of Immunology e Clinical Immunology.
I due lavori hanno rivelato che la funzionalità della risposta degli IFN-I è ridotta in maniera significativa nei pazienti che hanno sviluppato anticorpi neutralizzanti.
Si tratta prevalentemente di pazienti ospedalizzati per forme severe di Covid-19 di sesso maschile, ricoverati in terapia intensiva e con esito dell’infezione infausto. I ricercatori hanno scoperto che anche i pazienti malati di Hiv che sviluppano forme severe di Covid-19 presentano concentrazioni elevate di anticorpi neutralizzanti.
È stato osservato poi che gli autoanticorpi anti-IFN-I sono associati a livelli più elevati di marcatori dell’infiammazione e di alcuni marcatori ematologici (come i neutrofili e le piastrine) e che possono essere rilevati non solo nei campioni di sangue ma anche in quelli respiratori.
"Un punto di forza delle nostre ricerche - spiega Antonelli - è quello di aver svolto un'analisi della presenza di anticorpi neutralizzanti su un numero elevato di pazienti ospedalizzati per Covid-19. In tutti è stata eseguita una valutazione dettagliata della specificità anticorpale e dell'influenza di questi auto-anticorpi sulla risposta mediata dagli interferoni e sui parametri biochimici ed ematologici associati ad un maggiore rischio di forme gravi di Covid-19".
"Queste ricerche - sottolineano Carolina Scagnolari e Alessandra Pierangeli, coordinatrici della ricerca con la John Hopkins di Baltimora – aggiungono nuovi elementi alla comprensione dei meccanismi immuno-patogenetici associati all’infezione causata dal nuovo coronavirus. Infatti, la rilevazione di questi anticorpi nei soggetti infetti da Sars-CoV-2 - concludono le ricercatrici - potrebbe consentire una migliore gestione terapeutica dei pazienti".