30 Settembre 2022

Infermiere scolastico: è ormai maturo il tempo per una legge

La Lega ne ha proposto l’istituzione nel programma elettorale e il Nursind Toscana ha fatto un accordo con la Regione per attivarlo in via transitoria. Ecco cosa farebbe e perché è necessario

Di Ulisse Spinnato Vega

L’ultimo sasso nello stagno è stato lanciato dalla Lega, che ha rispolverato l’idea e la figura dell’infermiere scolastico, inserendone l’istituzione nel programma elettorale in vista del voto del 25 settembre. Nel frattempo, giusto una decina di giorni fa, il Nursind Toscana aveva siglato un accordo con la Regione in cui, tra l’altro, se ne prevede l’attivazione, seppur in via transitoria.

Nei buoni propositi messi nero su bianco da Via Bellerio si specifica che vada inserita “nell’organico della scuola la figura dell’infermiere-operatore sanitario, due in quelle con più di 1.200 allievi (funzionali anche ai fini della somministrazione di farmaci salvavita e/o dell’assistenza a studenti per i quali la frequenza è possibile unicamente se assistiti, dal punto di vista fisico, da personale infermieristico specializzato)”. E poi si contemplano pure agevolazioni per “il personale sanitario e scolastico che deciderà di svolgere la propria professione nei Comuni montani per un periodo non inferiore ai 5 anni”.

Vedremo cosa accadrà con il nascituro governo, fatto sta che la definizione giuridica del professionista della salute tra i banchi è ad oggi ancora in fase embrionale; mancano le norme e manca un quadro di regole contrattuali. In compenso, esistono già da tempo delle sperimentazioni e dei casi pilota, mentre all’estero l’infermiere scolastico è molto diffuso in diversi Paesi e non manca una vasta letteratura sulle sue competenze e funzioni.

Dal sostegno diretto agli studenti in caso di infortuni e malattie alla valutazione del sistema generale di assistenza, dallo screening sulla sicurezza scolastica al rispetto dei piani vaccinali, fino all’educazione sanitaria: sono svariate le mansioni che possono far capo a questa figura, il cui ruolo dentro le scuole lo rende punto di riferimento per l’intera comunità didattica e un utile raccordo tra la scuola stessa, la famiglia e il Servizio sanitario.

L’infermiere scolastico può risultare decisivo, ad esempio, nella messa a punto di programmi sui corretti stili di vita, dall’alimentazione al contrasto alla sedentarietà. Pone in essere azioni di gestione degli attacchi di panico o contro i crescenti livelli di ansia infantile oppure in opposizione a forme di cronicità che abbassano la qualità dell’apprendimento: in tal senso, è cruciale garantire la continuità di studio per bambini e ragazzi con malattie croniche. Si tratta, comunque, di problemi dietro i quali insistono numeri enormi: su circa 8,5 milioni di alunni e studenti, almeno 246mila vivono una condizione di disabilità o comunque di fragilità cronica. E questo è un dato che non include le paritarie.

Quanti professionisti bisognerebbe mettere in campo per erogare in modo efficace servizi tanto complessi e delicati? I plessi scolastici sono circa 57mila e fanno riferimento a 9mila sedi principali. La proposta su cui la Fnopi (Federazione nazionale ordini professioni infermieristiche) insiste da tempo è quella di dotare ogni istituto di una figura infermieristica, utilizzando tra i banchi, almeno in una fase transitoria, un professionista che già esiste ed è normato dal Patto per la salute e dal decreto Rilancio del 2020: l’infermiere di famiglia e comunità.

Intervenire a scuola e agire per tutti i bisogni assistenziali dei ragazzi e del personale educativo, allertando in caso di necessità il medico del Dipartimento di prevenzione di riferimento, rappresenterebbe dunque una componente delle mansioni dello stesso infermiere di famiglia. Quest’ultimo dovrebbe poi coordinarsi e supervisionare le persone che fanno parte della rete assistenziale della comunità e coopererebbe con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta, i professionisti dei servizi socioassistenziali, le organizzazioni di volontariato e tutti i soggetti incaricati di proteggere la salute e il benessere della scuola come, appunto, comunità nella comunità. Peraltro, è dimostrata una riduzione del tasso di assenteismo nei plessi dotati di infermiere scolastico.

La presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, ha avuto modo di chiarire la proposta: “Avere un professionista infermiere a scuola garantisce il rispetto dei diritti di tutela alla salute e diritto allo studio” e “trasmette una maggiore sicurezza ai genitori che vedono preso in carico globalmente il proprio figlio”. “Inoltre gli infermieri scolastici sono i principali operatori sanitari per gli studenti che vivono in aree rurali e disagiate a cui manca l’accesso all’assistenza sanitaria – ha aggiunto Mangiacavalli – e svolgono un ruolo fondamentale nella comunità per identificare bisogni sanitari insoddisfatti e favorire la relazione tra salute e istruzione”.

Con la rivoluzione della sanità territoriale prevista dal Pnrr, le sinergie tra funzioni e competenze sono tanto indispensabili quanto tutte ancora da mettere a punto. Nel frattempo, come accennato, in Italia alcuni tentativi concreti esistono già da anni, incoraggiati poi dall’esplosione dell’emergenza Covid. A partire dal 2015, ad esempio, un progetto pilota è partito in quattro istituti superiori di Ravenna: ad oggi i destinatari sono oltre 1600 studenti e 450 lavoratori della scuola. A Livorno, nel villaggio scolastico Cecioni, l’infermiere era a disposizione tra i banchi tutte le mattine per oltre 3mila alunni e personale educativo. San Martino Siccomario, nel pavese, a ottobre 2020 ha introdotto questa figura all’Istituto comprensivo di Via Piemonte e adesso il sindaco vuole renderla permanente. Insomma, in attesa di una normativa organica, ci si organizza come si può.

In Italia, peraltro, ruoli come quello dello psicologo o dell’assistente sanitario hanno già una funzione importante nella medicina scolastica, mentre l’infermiere è ancora poco considerato. All’estero non è così: già nel 2007 gli Usa contemplavano la figura (che lì esiste almeno da 120 anni) in tre istituti su quattro, ma un diffuso riconoscimento investe pure nazioni europee come Germania, Francia, Svezia, Regno Unito o Spagna. Soltanto la pandemia e l’esigenza di aumentare la copertura vaccinale da Covid hanno iniziato ad estendere la sensibilità circa l’importanza di aver a disposizione un punto di riferimento a tutto tondo su problematiche e bisogni connessi alla salute.

Ciò anche nell’ottica di alleggerire le responsabilità del personale scolastico, che ovviamente non dispone di competenze adeguate a questi aggravi. I docenti si sono ritrovati sul groppone la responsabilità sostanziale circa le condizioni sanitarie a scuola da quando le prerogative di prevenzione e assistenza negli istituti sono state dislocate in carico alle Usl, con la riforma del 1978. Prima, sin dagli anni Sessanta, la normativa sulla medicina scolastica affidava i servizi ai medici generici, agli specialisti scolastici, alle assistenti sanitarie visitatrici e alle vigilatrici d’infanzia.

Adesso le cose dovranno inevitabilmente cambiare: anche il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025 identifica nella scuola uno dei luoghi chiave in cui favorire la promozione della salute. E dopo il lockdown da Covid, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, Ecdc, ha individuato l’infermiere scolastico come parte dell’organico degli istituti per il controllo sanitario. A sua volta, l’Istituto superiore di sanità ha previsto un referente scolastico adeguatamente formato per la gestione della pandemia. È tempo, dunque, di scrivere una normativa ad hoc: vedremo se questa legislatura porterà i frutti sperati.