10 Gennaio 2023

Aggressioni ai sanitari, un bollettino di guerra. E la legge del 2020 non basta

Focus Nursind Sanità. Trend in crescita da Nord a Sud. Barone (Nursind Roma): "Servono presidi di polizia negli ospedali". L'ex ministro Grillo: "Pesano le carenze di personale". Le conseguenze sugli operatori

Di Giovanni Cedrone
Aggressioni ai sanitari, un bollettino di guerra. E la legge del 2020 non basta

Le ha messo le mani al collo, lasciandole due segni che bruciano sulla pelle quanto nell’anima. L’aggressione subita a Udine da Adelaide Andriani, specializzanda in Chirurgia generale, è solo l’ultimo, drammatico episodio di una escalation di violenza che, paradossalmente, si è andata aggravando nei giorni delle festività natalizie.

In questi giorni è stato persino difficile tenere la contabilità dei casi: all’Ospedale Sant’Andrea della Capitale un medico è stato schiaffeggiato e colpito da una borsa mentre gli infermieri sono stati insultati, con strumentazioni mediche distrutte dai familiari di un paziente deceduto. All'Ospedale Giovanni Di Cristina di Palermo, come denunciato dal Nursind, la madre di un bambino che stava per essere visitato ha preso per il collo un'infermiera sbattendola al muro, mentre il marito si è scagliato contro la guardia giurata. A Napoli tre guardie giurate sono state aggredite all'Ospedale Loreto Mare con dell'acido muriatico da un uomo che pretendeva notizie immediate sulle condizioni della compagna ricoverata.

Un bollettino di guerra con ospedali trasformati in ring e gli operatori sanitari sempre più vittime impotenti di un fenomeno a cui non si riesce a porre un freno. Un trend in aumento, come confermato dal presidente Fnomceo Filippo Anelli: “L'Inail ci ha fornito alcune indicazioni preliminari che sembrano confermare la crescita dei casi”. Tutto ciò nonostante ormai da più di due anni sia in vigore la legge 14 agosto 2020 n. 113, che ha modificato il Codice penale introducendo un’aggravante per gli aggressori, con reclusione da 4 a 10 anni per chi provoca lesioni gravi e da 8 a 16 anni per chi provoca lesioni gravissime, oltre a sanzioni fino a 5mila euro. Una norma, però “inapplicata”, secondo il presidente dell’Ordine dei Medici.

Di episodi che si ripetono con “sconcertante frequenza” ai danni di medici e infermieri ha parlato oggi il ministro della Salute Orazio Schillaci che ha chiesto di “efficientare le attività di monitoraggio e prevenzione in capo all’Osservatorio Nazionale, previsto dalla legge 113/2020”, oltre che di rendere nuovamente operativo il Comitato nazionale per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive, fermo dal luglio scorso.

Barone (Nursind Roma): “Presidi di polizia per la sicurezza negli ospedali”
Ma tra gli addetti ai lavori non manca chi torna a chiedere presidi di polizia per garantire la sicurezza. “Il problema è che ci stiamo abituando ai disagi che si vivono in Pronto soccorso, purtroppo questi fatti non fanno più notizia”, commenta Stefano Barone, segretario provinciale Nursind Roma. “Al di là delle denunce e dei Daspo che si era paventato di attribuire agli aggressori, una strada non percorribile, oggi siamo certi - prosegue - che l’unico strumento effettivo di sicurezza negli ospedali sia il presidio di polizia. Lo diciamo da addetti ai lavori, non come sindacato. È il solo deterrente efficace in certe situazioni”.

Barone si sofferma, poi, sul perché la legge del 2020 non sta funzionando. “Ci sono poche denunce perché raramente la prognosi supera i 21 giorni, termine che fa scattare il penale. Ma se il danno fisico passa presto i segni sul piano morale restano a lungo e mettono a repentaglio quella lucidità necessaria in un ambiente come il Pronto soccorso”.

Disturbo da stress, le conseguenze per gli operatori
Una violenza, fisica o verbale, può avere infatti conseguenze molto gravi sullo stato psicofisico di un infermiere o di un operatore sanitario.         
“L’impatto principale è il disturbo da stress post traumatico - spiega a Nursind Sanità Marina Cannavò, psichiatra e fondatrice dell’Associazione Amad, Associazione malattia ansia e depressione -. La violenza è sempre un trauma. Anche quella verbale, apparentemente più lieve. ‘Lei non capisce niente, lei non è in grado di curare mio figlio’: ecco un esempio di frase denigratoria che colpisce l’operatore, il quale comincia a dubitare delle proprie capacità professionali”.

Cannavò, che ha all’attivo numerose pubblicazioni sul tema, sottolinea come l’impatto può rapidamente ripercuotersi sul lavoro. “L’operatore sanitario va incontro a una riduzione della performance, aumentano gli errori, così come gli infortuni sul lavoro con continue assenze per malattia. La demotivazione diventa una malattia e nei casi più gravi può portare al suicidio. Non si può andare a lavorare nella paura”.

L’ex ministro alla Salute Grillo: “Colpa anche della carenza di personale nei Ps”
Bisognerebbe capire se a livello giudiziario c’è stata attuazione della legge 113, se ci sono stati casi in cui poi sono avvenute le querele o ci sono state le denunce di ufficio”, è il commento a caldo con Nursind Sanità di Giulia Grillo, ex ministro della Salute pentastellato che ai tempi del governo giallo-verde ha fortemente voluto la legge con l’istituzione dell’Osservatorio nazionale e la celebrazione di una giornata dedicata ai sanitari vittima di violenza.

“Queste aggressioni derivano anche da una insufficienza degli organici nei Pronto soccorso – spiega Grillo -. Su questo non ci ha lavorato nessuno. Quand’ero ministro con il decreto Calabria avevo introdotto alcune tipologie di concorso aperte agli specializzandi. Oggi i Pronto soccorso sono depauperati a livello di risorse umane ed economiche, così sale la rabbia e la frustrazione dei parenti. Si era discusso della possibilità di aumentare il numero delle forze dell’ordine, ma serve la volontà politica che non mi sembra di avere visto”.

Grillo punta il dito inoltre sul ritardo con cui è stato messo in piedi l’Osservatorio: "La norma ha avuto un importante impatto mediatico ma è chiaro che non è sufficiente, bisogna lavorare anche sul piano educativo e culturale".
“Purtroppo - conclude l’ex titolare della Salute - chi è venuto dopo di me non ha proseguito su quella strada e vedo, anzi, che c’è un completo disinteresse verso la sanità pubblica. Non so se qualcuno privatizzerà i Pronto soccorso, ma quel che è certo è che al momento sono allo sbando. Bisognava assumere tutti i precari riconoscendo il lavoro fatto nei Pronto soccorso come periodo di formazione effettivo. Chi già lavorava da cinque anni nei Ps, infatti, andava stabilizzato, senza tutti questi balletti”.

 

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