"Ridateci i medici di famiglia", in Senato un ddl per potenziare la medicina del territorio
Il testo, presentato dalla Lega, ha raccolto l'adesione delle sigle sindacali come Fimmg, Snami, Sisac ed Enpam. La prima firmataria Cantù a Nursind Sanità: "Serve una rete più vicina al cittadino"

Meno burocrazia. Più omogeneità nelle retribuzioni. Definizione del ruolo del medico convenzionato. Sono alcuni dei punti centrali del disegno di legge 227 per il "potenziamento della medicina territoriale in prevenzione e assistenza primaria", presentato oggi in Senato e promosso dal gruppo delle Lega, a prima firma di Maria Cristina Cantù (nella foto), vicepresidente della commissione Sanità. Il provvedimento prevede la creazione di una rete più vicina al cittadino, dalla presa in carico fino alle cure specialistiche, in cui il medico di assistenza primaria "può contare sul supporto degli specialisti per prevenire, assistere e rispondere ai bisogni che non richiedono ospedalizzazione, anche attraverso il rafforzamento delle attività di teleconsulto", come ha spiegato la senatrice Cantù a Nursind Sanità, specificando gli aspetti centrali del testo: "Più sburocratizzazione, attraverso l’obbligo di utilizzare il fascicolo sanitario elettronico, nuove regole d’ingaggio e misure per l’incremento dei medici, un sistema di remunerazione che premia il merito, prevedendo anche un controllo delle attività e dell’appropriatezza del servizio. Su oltre 20 milioni annui di accessi al Pronto soccorso, il 90% non sfocia in un ricovero: investire nella medicina territoriale significa intervenire su tali cronicità, sanabili attraverso un’attività di prevenzione”.
La prima firmataria ha auspicato inoltre un iter di lavori parlamentari rapido. "Sul testo c'è una larga convergenza della maggioranza, infatti hanno aderito tutti i gruppi che la compongono. Questo è un booster che può rafforzarne l'approvazione in tempo celeri. Il motto è restituire a tutti noi i medici di famiglia".
L'obiettivo è sostenere il lavoro dei medici di famiglia e rendere la professione nuovamente attrattiva, in maniera tale da contrastare l'attuale carenza. La proposta è stata accolta positivamente dai sindacati di categoria che hanno partecipato alla presentazione del ddl. Il segretario generale Fimmg, Silvestro Scotti, ha spiegato a Nursind Sanità come, a suo avviso, il testo metta "un punto fermo sulla libertà di scelta del cittadino, che ha il diritto di avere un medico di famiglia con cui stabilire uno stretto rapporto di fiducia. Oggi la medicina territoriale ha bisogno di un recupero valoriale. Si parla di medici convenzionati, non mi sembra un risultato da poco, e si chiarisce il valore di scelta, di prossimità e del valore degli studi dei medici in un processo di rete".
Per Scotti, "finalmente si parla in maniera chiara del ruolo del medico di famiglia convenzionato, come soggetto dello Stato, e si definiscono gli obiettivi di salute che vanno poi declinati nel contratto. Come questo debba essere sviluppato rispetto a forme organizzative quali le case di comunità starà a noi chiarirlo nei compiti contrattuali e nei rapporti con le singole regioni, visto che il modello organizzativo è delegato dal titolo V alle Regioni". Il numero uno della Fimmg ha poi aggiunto: "È importante l'impegno per risolvere l'attuale grave carenza, prevedendo l'inserimento di almeno un medico ogni 1000 residenti. Anche la parte economica, se confermata, sarebbe il finanziamento più importante che viene riconosciuto all'area di medicina generale da molto tempo. Il richiamo al Pnrr faciliterebbe inoltre i percorsi per arrivare ad accordi contrattuali che sviluppino nei territori l'associazionismo, la continuità dell'assistenza e l'utilizzo di dispositivi medici per una migliore gestione dei pazienti cronici nello studio del loro medico e dei più fragili al loro domicilio. Particolarmente innovativa - ha concluso -, la previsione di una riqualificazione del settore con investimenti non solo sulle strutture ma anche sui professionisti”.
Il presidente nazionale Snami, Angelo Testa, ha parlato di "un disegno di legge che, con la dovuta attenzione alle carenze attuali, programma la sanità territoriale del futuro, valorizzando la figura del medico di medicina generale che torna ad essere il centro della assistenza sul territorio. Cronicità, innovazione, telemedicina ed investimenti che danno una speranza di futuro ad un settore abbandonato negli anni al proprio destino”.
Secondo Marco Luca Caroli, coordinatore Sisac, il sindacato della specialistica ambulatoriale, "gli elementi innovativi di questa legge sono diversi, a partire da un finanziamento cospicuo, con un incremento del 30 per cento, che porterà una crescita di spesa e porrà l'accento su presa in carico e prevenzione. Il ruolo del medico unico di assistenza primaria ha un ruolo particolare, gli viene dedicato un articolo intero. È qui che si vedono i cambiamenti centrali. Penso alla quantificazione delle ore settimanali del medico del ruolo unico a 38 ore, alle 25 ore di apertura minima dell'ambulatorio medico 5 giorni su 7, al sistema di remunerazione che viene semplificato. Colpisce la volontà di creare uniformità di remunerazione a livello nazionale, ora abbiamo differenza anche del 30 per cento tra regioni. C'è un ripensamento complessivo dell'assistenza, soprattutto nella fascia oraria notturna".
Un plauso è arrivato infine anche dal presidente Enpam, Alberto Oliveti, che ha aggiunto: "Bisogna rilanciare le reti degli studi professionali: questi devono avere un livello appropriato di tecnologia, interconnessione e personale di supporto per permettere forme di mono o pluri-professionali di assistenza sul territorio, e che siano finalizzati all’integrazione professionale dei vari livelli di prevenzione e di cura".
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