Salute mentale, in Parlamento il Pd riprende il filo della Basaglia
Un testo di legge depositato alla Camera e al Senato rinverdisce i principi della 180 e punta a rispondere alle promesse tradite. Dai Dsm in calo fino all'anomalia delle troppe strutture residenziali

Sulla scia della rivoluzione culturale imposta dalla legge Basaglia, ma tenendo conto di quello che è accaduto negli ultimi 30-40 anni, tra risultati raggiunti (non sufficienti) e promesse tradite (troppe). Il Partito democratico riprende in Parlamento il filo della riflessione sulla psichiatria e la salute mentale in Italia, a 45 anni dalla 180, e deposita un testo normativo sia alla Camera sia al Senato che punta a ridare centralità alla materia nell’ambito della malmessa sanità pubblica.
La pdl si articola in quattro capi, come spiega in conferenza stampa la prima firmataria a Montecitorio, Debora Serracchiani: il primo ribadisce i principi della Basaglia adeguandoli al mutato contesto, anche a livello regionale; il secondo si focalizza sul sistema territoriale dei servizi di tutela e assistenza psichiatrica, che necessita di risorse per essere “capillare e reticolare”, spiega Serracchiani, contando pure sulla spinta del Pnrr; il terzo capo della legge riguarda le tecniche e i mezzi di promozione della salute psichica, quindi si concentra sul capitolo chiave della prevenzione; infine il quarto mette al centro il rilancio del Dipartimenti di salute mentale (Dsm), “tenendo conto dei vari assetti esistenti nelle nostre Regioni”, chiosa ancora la ex capogruppo Dem. Il tema delle risorse è ovviamente fondamentale, soprattutto in relazione ai Dsm, e il testo del Pd non a caso prevede all’articolo 17 che alla salute mentale vadano risorse non inferiori al 5% della dotazione del Fondo sanitario nazionale.
Ancora Serracchiani chiarisce che il testo “è frutto di un lungo lavoro fatto anche nella scorsa legislatura. Oggi mettiamo i puntini sulle ‘i’ rispetto a questioni rimaste negli anni in sospeso che richiedono comunque un adeguamento, partendo da un principio chiave: liberiamoci dall’idea secondo cui la malattia mentale equivale a pericolosità sociale”. L’architrave della vecchia legislazione giolittiana, poi superata dalla Basaglia, appare ancora un problema, a dimostrazione che certi cliché sono duri a morire. E Serracchiani, che è pure responsabile Giustizia del Pd, spiega: “C’è anche un riferimento a un intervento che sento necessario e che riguarda la salute mentale all’interno delle carceri”. Per poi chiudere polemizzando sulla legge Calderoli dell’Autonomia differenziata: “Rischia di enfatizzare le differenze e le mancanze, anche riguardo al tema della salute mentale. Non c’è chiarezza sulle risorse e sul calcolo dei Lep, un tema delicatissimo sul fronte di cui ci stiamo occupando”.
Il primo firmatario a Palazzo Madama, Filippo Sensi, aggiunge: “Noi ci facciamo strumento di una rinnovata sensibilità pubblica e politica sulla salute mentale. Non vorrei però che questa legge si limitasse a un dato testimoniale. Il nostro impegno è per farla marciare”. E anche se “il cammino inizia adesso”, il lavoro “vuole essere di tessitura e di confronto con tutte le forze politiche”. In effetti, in Parlamento sono presenti comunque diversi disegni e proposte di riforma. D’altronde, l’eredità lasciata dalla Basaglia è connotata da grandi elementi di innovatività e da lacune gigantesche nella sua applicazione. Il pilastro organizzativo dell’assistenza psichiatrica territoriale è proprio il Dipartimento di salute mentale: purtroppo vanno diminuendo di numero in ragione degli accorpamenti che conseguono a programmi di contenimento della spesa. La loro estensione supera a volte bacini di 2 milioni di abitanti e questo gigantismo “crea vere e proprie impossibilità di governo” della materia, dice la relazione introduttiva del testo del Pd.
“La recente chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari ha ribadito l’esclusività e la centralità della presenza strategica dei Dsm”, spiega il testo. Tuttavia ha “evidenziato drammaticamente le differenze: la presa in carico delle persone in uscita dall’internamento ha sopportato ritardi e spesso soluzioni che attendono di essere ulteriormente riconsiderate”. L’illustrazione lamenta poi “la qualità frammentaria dei percorsi di cura, le pratiche segreganti e contenitive, il ritorno prepotente di servizi fondati sul modello bio-farmacologico”, e di conseguenza “l’impoverimento progressivo dei servizi e dei sistemi di benessere sociale espone ormai a grave rischio la possibilità di cura, ripresa, guarigione”.
Più di una persona su 100 è affetta in Italia da un disturbo mentale severo, che comporta il rischio di disabilità e di marginalità sociale. I centri di salute mentale (Csm), uno ogni 80-100mila abitanti, non sono equamente distribuiti. Inoltre, sono aperti per fasce orarie ridotte: ad eccezione di alcune realtà regionali, sono disponibili per 8-12 ore al giorno per 5 giorni alla settimana. Dall’altra parte le modalità di esecuzione del Tso, variegate nei differenti territori e a volte anche nella stessa Regione, vanno da un tasso annuo di 6 fino a 30 ogni 100mila abitanti. A dimostrazione dei drammatici gap territoriali. Infine c’è l’anomala diffusione delle strutture residenziali, che dilagano ovunque, ospitano oggi 20 o forse 30mila persone e impegnano ormai oltre la metà delle risorse regionali per la salute mentale. “La tendenza a ricorrere al ‘posto letto residenziale’ sembra in crescita inarrestabile – spiega il testo Serracchiani – e riduce irrimediabilmente la consistenza e la capacità di intervento dei servizi territoriali” che invece dovrebbero aiutare a “ripensare a forme diverse dell’abitare, dell’inserimento lavorativo, del vivere sociale”.
In conferenza stampa spazio anche alle testimonianze degli operatori sul campo. Lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, già giovane collaboratore di Basaglia, non nasconde “qualche dubbio” sulla possibilità che la proposta vada avanti in Parlamento, ma “vorremmo che questa legge diventasse una sorta di manifesto attorno alla quale famiglie, cittadini, operatori e associazioni possano discutere sulla base di parole scritte e quindi certe”. “Oggi chiunque sia affetto da un disturbo mentale, anche il più severo, deve poter star bene. Vorrei che la parola guarigione fosse sempre contemplata”, aggiunge l’esperto. La psichiatra e psicoterapeuta Carla Ferrari Aggradi, presidente dell’associazione che fa capo al Forum salute mentale, lamenta: “Deve essere un inizio attorno a cui ritrovarci. Il lavoro di Basaglia ha ribaltato la cultura sulla psichiatria, ma poi è stato cancellato. Non c’è oggi nelle nostre università, nella formazione”. La sociologa e presidente della Fondazione Basaglia, Maria Grazia Giannichedda, coglie l’assist per denunciare: “I medici hanno in testa la cultura della malattia e dell’acquistare la merce salute sul mercato”, oltre al problema che la governance regionale ha creato “20 repubblichette sanitarie” mentre “a livello nazionale non c’è uno straccio di coordinamento”. Salvo poi invocare la necessità di “un’azione concertata” tra Parlamento, Governo e Regioni, chiude Giannichedda, “contro il macigno dei tagli alla spesa sanitaria”.
La proposta di legge Serracchiani
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