Sanità e manovra, Sereni (Pd): "Servono almeno 20 miliardi in cinque anni"
La responsabile salute dei dem a Nursind Sanità: "Dal Governo sottovalutazione politica dei problemi". Sugli infermieri: "Alzare subito le retribuzioni". Si lavora a una convergenza tra le opposizioni

La convergenza con le altre opposizioni, Azione compresa, sembra concretizzarsi man mano che si avvicina l’appuntamento della Nota di aggiornamento al Def e soprattutto l’avvio della sessione di bilancio con la presentazione della manovra. Marina Sereni, responsabile salute e sanità della segreteria nazionale del Partito democratico, snocciola a Nursind Sanità gli obiettivi su cui le minoranze contano di lavorare in sinergia per fare massa critica nei confronti di governo e maggioranza: abbattimento delle liste d’attesa, difesa del Pnrr per l’assistenza territoriale, innalzamento del livello di spesa sanitaria rispetto al Pil e superamento dei tetti regionali di esborso per il personale sanitario.
Sereni, sembra che adesso la sanità sia una priorità per tutti, ma il Governo potrebbe metterci al massimo un paio di miliardi. Bastano?
Vedo una sottovalutazione politica molto grande, che già avevamo denunciato dopo la prima legge di Bilancio e il primo Def di questo governo. C’è già stato un taglio e siamo già quest’anno sotto il 7% di spesa sul Prodotto interno lordo. Ma la tendenza è ad abbassarla ancora.
Sarebbero sufficienti i quattro miliardi chiesti dal ministro Schillaci?
Si tratta di una cifra minima. Ma, attenzione, devono essere quattro miliardi totalmente aggiuntivi rispetto a quanto previsto nel Def. E non accettiamo il conteggio fatto dal sottosegretario Gemmato, secondo cui già 2,3 miliardi sono contenuti come aumento nel quadro programmatico e dunque ne bastano 1,7. No, ne servono quattro in più.
Vedremo nella NaDef.
Ripeto, temo una sottovalutazione politica sullo stato di salute del Servizio sanitario nazionale e forse anche una differenza politica generale sull’importanza da dare a un sistema di stampo universalistico che cura tutti allo stesso modo.
Secondo lei, da parte di Palazzo Chigi c’è scarsa sensibilità oppure si tratta di un preciso disegno di smantellamento del Ssn per favorire il privato?
La destra richiama spesso la Lombardia come suo modello di riferimento. È un assetto che ha spostato il baricentro sulle strutture private: ancorché alcune siano di assoluta eccellenza, abbiamo visto che con la pandemia quel sistema non ha funzionato e ha messo a rischio la tutela della salute della comunità. Dunque serve un modello differente, più attento alla medicina di territorio, perché gli ospedali non bastano.
Eppure ci sono problemi sull’attuazione del Dm 77.
C’è un sostanziale disinteresse. Penso ad esempio al taglio dei fondi e alla revisione degli obiettivi del Pnrr: si dice che al posto dei soldi del Piano si utilizzeranno le risorse dell’edilizia sanitaria, ma quelli sono danari che già facevano capo alla sanità. Dunque, si tratterebbe di un definanziamento per il comparto. Il problema è che la destra, per cultura, non considera invalicabile il limite oltre cui non esiste più il Ssn universalistico. Mi consenta poi un’altra osservazione.
Prego.
Prendiamo il progetto di autonomia differenziata del ministro Calderoli: se venisse applicato alla sanità, introdurrebbe elementi di competizione squilibrata tra le regioni e porterebbe a una totale desertificazione della sanità pubblica in enormi aree del Paese.
I disservizi in sanità si sposano sempre più alla carenza e alla fuga del personale, a partire dagli infermieri.
Serve una visione di medio periodo, non bastano soluzioni dall’oggi al domani. Però va subito superato il tetto di spesa per il personale in sanità. Quel blocco non ha consentito nel tempo alle regioni di far fronte a uscite e pensionamenti. E ha introdotto un elemento di stress del sistema che è esploso con il Covid. Durante la pandemia, il personale sanitario è stato davvero eroico, ma per tornare alla normalità dobbiamo far ricorso a professionisti motivati e qualificati, non a eroi. Bisogna aumentare il personale e pagarlo meglio.
La professione infermieristica, in particolare, appare sempre meno attrattiva.
Rifletterei anche su come valorizzare la loro professionalità. Ad esempio, con progressioni di carriera e specializzazioni universitarie ulteriori rispetto alle attuali. Oltre al fatto che forse servirebbero delle figure di ausilio agli infermieri che alleggeriscano il carico di lavoro sulle funzioni medio-basse.
Si riferisce ai super Oss?
Un tema su cui riflettere è la definizione di una figura intermedia tra l’infermiere e l’Oss tradizionale. Ma soprattutto bisogna allettare i giovani con riconoscimenti economici e anche sociali, a fronte di un percorso di studi così impegnativo. Poi c’è il tema del carovita, che pesa soprattutto al Nord e nelle grandi aree urbane. Insomma, il nodo della retribuzione è urgente e non rinviabile.
Se toccasse a voi fare la legge di Bilancio, quanto mettereste sulla sanità e dove prendereste i soldi?
Abbiamo proposto un percorso del tutto ragionevole: quattro miliardi l’anno per i prossimi cinque anni, dunque 20 miliardi. Non è un obiettivo irraggiungibile, soprattutto in un Paese che viaggia con 100 miliardi di evasione fiscale l’anno. Si tratta di una soglia minima di cui dovremmo discutere se vogliamo salvare il Ssn. Bisogna però smetterla di strizzare l’occhio ai furbetti del fisco.
E oltre ai soldi cosa serve?
Ho già parlato del tetto di spesa sul personale, ma dobbiamo anche chiudere la partita delle esternalizzazioni, tra gettonisti e cooperative. Si sta infatti introducendo una giungla negli ospedali, una competizione impropria che fa esplodere i costi. E proporremo inoltre di attuare veramente la riforma territoriale, aprendo un tavolo di confronto con tutti gli attori di sistema, compresi i medici di medicina generale. Nelle Case di comunità, infatti, deve andarci personale dipendente e se vogliamo ottimizzare quanto già esiste sul territorio, serve una collaborazione tra queste strutture e i medici di base.
Come Pd avete lanciato una grande mobilitazione in vista dell’autunno che avrà la questione sanità al centro. Con quale obiettivo?
Durante questa ‘estate militante’ siamo andati in giro per l’Italia e abbiamo percepito una preoccupazione fortissima sui temi della salute. Allora abbiamo raccolto il grido d’allarme e abbiamo deciso di portarlo in piazza. Serve anche a restituire un ruolo alla politica e a combattere la disaffezione nei confronti dei partiti, e della sinistra, che colpisce spesso chi ha redditi più bassi e vive in condizioni di difficoltà.
La sanità, dopo il salario minimo, sembra un buon terreno di sinergia con le altre opposizioni. Proverete a coordinare il lavoro sulla manovra?
Stiamo partendo con incontri in questi giorni. Sui temi più urgenti mi pare ci siano margini per trovare punti di iniziativa comune. Vedremo con quali strumenti sarà meglio agire.
Sempre più vicini ai nostri lettori.
Segui Nursind Sanità anche su Telegram