Sanità e manovra, Fnopi: "No a soluzioni tampone per coprire la carenza di infermieri"
La presidente Mangiacavalli a Nursind Sanità: "Va finanziata l'integrazione degli organici". Sul fronte delle retribuzioni la richiesta è "innalzare l'indennità di specificità ad almeno 210 euro al mese"
Di Caterina D'Ambrosio
I dati sulla sanità, e i recenti tagli prospettati dalla NaDef, richiedono non solo la massima attenzione, ma soprattutto un cambio di passo. Retribuzioni troppo basse, enormi carichi di lavoro e mancanza di prospettive di carriera stanno rendendo la professione infermieristica sempre meno attrattiva. Indispensabili durante tutto il periodo della pandemia Covid-19, oggi gli infermieri chiedono a gran voce di rivedere i pilastri del loro lavoro, indispensabile per far funzionare il Ssn. Ne abbiamo parlato con la presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli.
I tagli alla sanità previsti dalla NaDef preoccupano operatori, cittadini e Regioni. In attesa di quanto verrà poi approvato nella legge di Bilancio, quali sono le prospettive per il personale sanitario?
I “tagli” sono in realtà un déjà vu, perché al momento delle manovre economiche – e questo accade ormai da anni, senza distinzione di governi e maggioranze - e quando la coperta corta delle risorse non basta a soddisfare tutte le esigenze, si riducono le voci che per logica necessità erano state incrementate, magari anche dalla finanziaria precedente. Mancano all’appello per il 2024 almeno 4 miliardi in una manovra che sconta – come peraltro tutte le altre voci di spesa – la situazione generale dell’economia. Secondo i dati diffusi dall’Ocse, la sanità del nostro Paese incide sulla spesa pubblica per il 6,8%, contro il 10,1% della Francia, il 10,9% della Germania. Parliamo di un settore che ha bisogno di risorse soprattutto perché il progresso tecnologico e scientifico richiede un adeguamento infrastrutturale, ma anche degli organici.
E, quindi, le prospettive?
La situazione parla da sé. In queste condizioni non sarà certo un percorso in discesa quello di rivalutare il corrispettivo economico dei professionisti, di prevedere incentivi sufficienti a evitare fughe anche verso l’estero, di finanziare adeguatamente un salto in avanti per la formazione che renda più attrattive le professioni e in particolare quella infermieristica.
Infermieri e, più in generale, il personale sanitario sopportano carichi davvero gravosi. Poche le risorse. Come se ne esce?
Sarebbero necessarie azioni su più fronti. Il primo, più evidente, è quello di finanziare l’integrazione degli organici per evitare che, a retribuzioni pressoché costanti, si utilizzi il ‘grimaldello’ dello straordinario per fare fronte alle esigenze dell’assistenza. Oggi la professione infermieristica subisce spesso turni di lavoro massacranti con tutte le conseguenze sia dal punto di vista del burnout dei professionisti che degli effetti di questo sui livelli di qualità assistenziali, anche per via del fatto che gli straordinari, e quindi ore in più di lavoro, sono diventati una modalità ‘ordinaria’ per far fronte alle carenze. Una situazione che divide ancora di più la sanità delle Regioni.
Per quale motivo?
Perché ad esempio si passa in un anno da una media di 217 euro pro-capite del Friuli-Venezia Giulia ai 2.476 euro della Campania (dove è maggiore e più forte la carenza, appunto, lo straordinario aumenta). Bisogna rendere la professione più attrattiva investendo sulla formazione, le retribuzioni e l’organizzazione del lavoro.
Come Fnopi cosa avete chiesto?
Abbiamo chiesto per le retribuzioni che si consideri intanto l’opportunità di innalzare l’indennità di specificità infermieristica dagli attuali 70-80 auro ad almeno 210/mese, ma anche questa semplice operazione vale rispetto alle risorse attuali un incremento di oltre 600 milioni.
Faceva cenno ai carichi di lavoro del personale infermieristico…
E’ un altro fronte, sarebbe indispensabile una modifica di legge. Oggi il lavoro degli infermieri è considerato solo 'gravoso', ma la qualità, la tipologia, le peculiarità del servizio infermieristico e il carattere stressante dell’attività svolta pongono sicuramente quello degli infermieri tra i lavori 'usuranti'. Non si può utilizzare il mero parametro nel numero di turni di notte effettuati nell’arco dell’anno come prevede ora la legge: prestare servizio per dieci ore di notte in condizioni di massima allerta non è come essere adibiti ad una catena di montaggio. Gli infermieri sono responsabili di vite umane e questo, come ormai tutti dovrebbero sapere, non è appunto un compito solo 'gravoso'.
Crollano le iscrizioni delle università, molti infermieri vanno a lavorare all’estero. Rischiamo di rimanere senza queste figure?
Molti di loro vengono 'allontanati' da questa scelta non tanto per la professione in sé stessa quanto per le condizioni organizzative ed economico-contrattuali in cui si troverebbero poi a lavorare. Dobbiamo ripensare profondamente cosa si vuole fare dell'assistenza sanitaria, soprattutto di quella territoriale di prossimità. Da qui al 2029 andranno in pensione quasi in 100.000 e ci sono tra 3.000 e 3.500 professionisti già formati grazie al nostro sistema di istruzione pubblica che ogni anno si spostano in altri Paesi attratti da migliori retribuzioni o migliori condizioni di lavoro o migliori prospettive di carriera.
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