Impiantata la prima protesi bionica connessa a scheletro e nervi
Una donna svedese ha ricevuto una parte del braccio destro e la mano robotica grazie a una innovativa interfaccia osseo-integrata. Allo studio ha partecipato la Scuola Sant'Anna di Pisa

L’integrazione, la fusione uomo-macchina appartiene sempre meno a scenari futuribili e sempre più alla realtà. Per la prima volta, infatti, una protesi bionica è stata integrata in maniera permanente con il sistema nervoso e la struttura scheletrica di una donna grazie a un’innovativa interfaccia uomo-macchina osseo-integrata impiantata in una paziente svedese che aveva perso il braccio destro in un incidente agricolo. L’interfaccia è stata collegata direttamente ai muscoli e nervi residui della paziente, permettendole di controllare in maniera naturale una mano bionica.
L’interfaccia meccanica con l’arto residuo e l’affidabilità del controllo sono due delle maggiori sfide nella sostituzione degli arti artificiali. Per questo, spesso le persone che hanno perso un arto rifiutano anche le protesi più sofisticate disponibili in commercio, le quali risultano dolorose quando indossate e comunque caratterizzate da uno scarso livello di controllabilità. Un gruppo multidisciplinare di ingegneri e chirurghi ha risolto questi inconvenienti costruendo un'interfaccia uomo-macchina che permette di fissare la protesi allo scheletro dell'utente in modo comodo attraverso la osseo-integrazione, consentendo al contempo il collegamento elettrico con il sistema nervoso tramite elettrodi impiantati nei nervi e nei muscoli
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Robotics ed è il risultato finale del progetto europeo DeTOP (Dexterous Transradial Osseointegrated Prosthesis with neural control and sensory feedback) coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. La ricerca è stata guidata da Max Ortiz Catalan, responsabile della ricerca sulle protesi neurali presso il Bionics Institute in Australia e fondatore del Center for Bionics and Pain Research (CBPR) in Svezia. “Questa ricerca ha significato molto, perché mi ha dato una vita migliore” è stato il commento di Karin, la donna che ha sperimentato la nuova tecnologia.
“Karin - viene spiegato - è stata la prima persona con amputazione al di sotto del gomito a ricevere questo nuovo concetto di mano bionica altamente integrata che può essere utilizzata in modo autonomo e affidabile nella vita quotidiana. Il fatto che lei sia riuscita per anni ad utilizzare la protesi in modo confortevole ed efficace durante la vita quotidiana testimonia le potenziali capacità di cambiare la vita di questa nuova tecnologia per le persone che devono affrontare la perdita di un arto”. “Il nostro approccio chirurgico e ingegneristico integrato spiega anche la riduzione del dolore in quanto, per controllare la protesi, Karin sta utilizzando un po’ le stesse risorse neurali che utilizzava per la sua mano biologica”, ha chiarito il professor Ortiz Catalan.
Come detto, c’è un gruppo di ricerca italiano che ha lavorato alla nuova mano bionica. I nervi e i muscoli dell'arto residuo sono stati riorganizzati per fornire alla protesi un maggior numero di informazioni sul controllo motorio. Il dottor Paolo Sassu ha condotto questa parte dell'intervento che si è svolto presso l'ospedale universitario Sahlgrenska in Svezia. Sassu collabora attualmente con l'Istituto Ortopedico Rizzoli in Italia e con il Center for Bionics and Pain Research in Svezia. L’esperto ha spiegato: “A seconda delle condizioni cliniche, possiamo offrire la soluzione migliore per i nostri pazienti, che a volte è biologica con un trapianto di mano e a volte è bionica con protesi neuromuscoloscheletriche. Stiamo facendo passi in avanti continui in entrambi i campi”.
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