12 Marzo 2024

Aggressioni ai sanitari, il triste primato spetta agli infermieri

Lo rivelano i dati dell'Osservatorio istituito al ministero della Salute. Secondo il sondaggio Fnopi, "il 40,2 dei professionisti denuncia anche più violenze in un anno". Nursind: "Va rivisto il Ssn"

Di Pa.Al.

Il 2023 si è chiuso con oltre 16mila segnalazioni di aggressioni a operatori sanitari in tutta Italia. Manca all’appello solo la Sicilia che non ha trasmesso i dati. Due casi denunciati su tre sono ai danni di personale di sesso femminile.
Sono i numeri che emergono dal monitoraggio effettuato dall'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie (ONSEPS), istituito presso il ministero della Salute e diffusi oggi, in occasione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari. A segnalare i due terzi delle aggressioni sono state professioniste donne, coerentemente con la composizione di genere del personale sanitario. Le fasce d'età più colpite sono quelle tra i 30-39 anni.

Seguita da medici e operatori socio-sanitari, la professione più interessata è quella degli infermieri. Un dato che non meraviglia il Nursind, principale sigla che rappresenta la categoria: "Non può che essere così - sottolinea il segretario nazionale Andrea Bottega - dal momento che il fenomeno delle aggressioni è figlio del cattivo funzionamento del nostro Ssn di cui si dà il caso che questi professionisti rappresentino la prima interfaccia". Ma che al tempo stesso spaventa enormemente il sindacato: “Non c'è solo la preoccupazione costante di fronte a casi di cronaca diventati ormai quotidiani. C'è pure la paura che le violenze, unite allo stress da carichi di lavoro e turni massacranti, possano contribuire ad allontanare ancora di più i giovani da una professione già poco attrattiva".

I numeri parlano chiaro: il 40,2% degli infermieri italiani hanno dichiarato aggressioni verbali o fisiche nel 2023. Un dato in aumento rispetto al 32,3% rilevato nel 2021-2022. È quanto emerge dal sondaggio condotto su un campione di iscritti all’Albo dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), per la rilevazione promossa dall’Osservatorio del Ministero. L’identikit poi è chiaro: donna (in oltre il 72% dei casi), tra i 30 e i 40 anni (oltre un terzo), che opera nel servizio pubblico (quasi nel 90% dei casi) e soprattutto in pronto soccorso (42%).

I numeri, tra l'altro, appaiono molto più alti rispetto ai casi segnalati all’Inail e a quelli evidenziati dalle Regioni. Gli infermieri, infatti, spesso non denunciano o evidenziano i casi di violenza. Come già rilevato dalla Fnopi, chi non l’ha fatto si è comportato così perché, nel 67% dei casi, ha ritenuto che le condizioni dell’assistito e/o del suo accompagnatore fossero causa dell’episodio di violenza, nel 20% era convinto che tanto non avrebbe ricevuto nessuna risposta da parte dell’organizzazione in cui lavora, il 19% riteneva che il rischio sia una caratteristica attesa/accettata del lavoro e il 14% non lo ha fatto perché si sente in grado di gestire efficacemente questi episodi, senza doverli riferire.

 

Il dato rilevante emerso dalla survey sul 2023 è il numero delle violenze, verbali o fisiche, che gli infermieri aggrediti hanno dichiarato: la media è di oltre 10-12 ciascuno nel corso di un anno solare, con le dovute differenze legate soprattutto al territorio e al reparto dove il professionista svolge la sua attività: il 44% ha subito da 4 a 10 aggressioni, il 55% da 11 a 20 e l’1% oltre 20 aggressioni in un anno.

"L’aggressione – ha sottolineato la presidente della Federazione Barbara Mangiacavalli – è l’effetto di una serie di cause importanti che affondano le radici in diversi contesti, tra cui i modelli organizzativi e alcune mancate risposte che i cittadini patiscono, anche se non soprattutto, per la ormai cronica carenza di personale, che peggiora una situazione di disagio organizzativo e di stress lavorativo. I bisogni dei cittadini spesso non vengono convogliati verso i luoghi più adeguati. Emergono invece bisogni di ascolto, necessità di presa in carico di situazioni complesse, che sfiorano la sfera socioassistenziale. Si aspettano quindi una risposta da un servizio, da una struttura, che spesso non è quella corretta. Occorre quindi investire affinché vi siano servizi territoriali sempre più capillari e conosciuti".

Carenza di personale, investimenti, necessità di riorganizzare il Servizio sanitario nazionale: sono i tasti sui quali batte anche il segretario del Nursind Bottega ricordando che "solo riorganizzando il nostro Ssn e quindi investendo in sanità si potranno dare le sacrosante risposte di cura ai cittadini che non avranno più motivi per scaricare la loro rabbia contro i sanitari". Da parte sua Orazio Schillaci prova a confidare nelle "attività formative per gli operatori” che partiranno nel corso dell’anno per dare loro, ha evidenziato il ministro della Salute, "gli strumenti per prevenire e arginare il fenomeno della violenza. Vogliamo che gli operatori socio-sanitari non siano visti come nemici serve uno sforzo continuo e costante a tutti i livelli. Lo dobbiamo a tutti i nostri operatori".

 

 

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