29 Aprile 2024

Liste d'attesa: già polemica sul decreto Schillaci

Sarà presentato entro 15 giorni. M5s e Pd in trincea: ""Misure patchwork del governo", "Servono risorse, non ci sono altre ricette". Intanto Altroconsumo rivela che 9 persone su 10 ha problemi nel prenotare visite e la metà si rivolge al privato

Di Pa.Al.
Foto di Doiler Sanjuan

Le liste d’attesa restano un 2problema annoso", per usare le parole di Orazio Schillaci. Mentre è atteso entro 15 giorni, come ha anticipato il ministro stesso sabato dalla convention di FdI a Pescara, un decreto legge finalizzato a ridurle, le opposizioni contestano le ipotesi circolate nelle ultime ore per mettere mano alla questione. La stretta che sarebbe prevista sulle prescrizioni mediche non piace innanzitutto al M5s che, con il deputato Andrea Quartini, capogruppo M5s in commissione Affari Sociali alla Camera, va all’attacco e parla di "misure patchwork" dell'esecutivo: "L’ultima idea del governo per ridurre le liste d’attesa sarebbe quella di portare una stretta sulle prescrizioni non necessarie dei medici, riducendole del 20%. In pratica, non si interviene sulla carenza del personale sanitario, sulle sue condizioni lavorative o sulla disponibilità di strutture per i pazienti. Si impone ai medici di fare meno ricette". "Tocca ricordare al governo, aggiunge -  che esiste già il Pngla, il Piano nazionale di governo delle liste d’attesa, che è sistemico e prevede alcune possibili soluzioni. Nessuno, però, lo applica e si continua a perseverare negli errori. Si preferisce, al contrario, continuare a spostare risorse dal pubblico al privato, acquistando le prestazioni sia in intramoenia – invece di regolamentarla meglio come prevedeva proprio il Pngla –, sia dal privato accreditato".
Sul piede di guerra anche il Pd: "Ci auguriamo che non sia questa la strada, perché per risolvere un problema si rischierebbe di danneggiare la funzione primaria di cura e prevenzione della sanità pubblica", ha osservato la senatrice del Partito democratico Ylenia Zambito, membro della commissione Sanità. Per poi aggiungere: "Servono risorse, non ci sono altre ricette".  

Intanto proprio oggi è Altroconsumo a rivelare come nove italiani su dieci abbiano problemi con le prenotazioni di visite e così la metà si rivolge al privato. Per l’esattezza, sno oltre 950 i cittadini intervistati che hanno avuto difficoltà nel prenotare una visita o un esame con il Servizio sanitario nazionale nel corso dell’ultimo anno. Le conseguenze negative non sono solo per il portafogli degli italiani, spesso costretti a rivolgersi al privato e a pagare di tasca propria, ma anche per la loro salute, perché in troppi rinunciano a curarsi o devono affrontare lunghe attese.
Ma quali sono più nello specifico i problemi riscontrati? Innanzitutto, per ben 2/3 degli intervistati, le attese troppo lunghe, spesso oltre le urgenze indicate sulla ricetta, ma per tanti anche le strutture ospedaliere troppo lontane; oppure appuntamenti che non sono proprio disponibili, per via delle agende di prenotazione chiuse (fenomeno peraltro illegale). Ma non solo: Cup difficili da contattare, ricette che scadono, controlli che saltano.

 

Gran parte dei problemi si sono registrati con le visite specialistiche (per 2/3 delle segnalazioni ricevute): in particolare, le visite più citate sono quella oculistica (circa 180 segnalazioni) e dermatologica (circa 100, per lo più riguardanti il controllo dei nei). Tra gli esami più segnalati abbiamo ecografie soprattutto dell’addome, della tiroide, della mammella e della spalla (circa 150), risonanze magnetiche, Tac (circa 100) e gastroscopia (circa 25). In realtà questo elenco non sorprende: visite oculistiche e dermatologiche, gastroscopie ed ecografie dell’addome sono da sempre le prestazioni che i cittadini pagano di più di tasca propria, prenotando nel privato, come confermano anche gli ultimi dati di Agenas sull’attività intramoenia, cioè l’attività privata degli ospedali pubblici.

 

Il problema delle attese eccessive riguarda la grande maggioranza degli intervistati; è impossibile per tanti fare visite ed esami nei tempi suggeriti dal medico, anche quando c’è un’urgenza indicata sulla ricetta (117). Ma colpisce che circa 1/4 di queste segnalazioni (263) riguardi l’impossibilità di prenotare una visita o un esame per via delle agende chiuse: una pratica che è vietata dalla legge.
Circa 1/4 dei cittadini che ha avuto problemi, per avere l'appuntamento nei tempi prescritti dal medico, avrebbero dovuto recarsi in una struttura scomoda, talvolta lontana anche 100 km o più da casa, perché nella loro provincia il primo posto sarebbe stato diponibile solo dopo molti mesi. Questo accade perché i cosiddetti 'ambiti territoriali di garanzia', in cui i Cup possono prenotare le prestazioni, possono essere vasti. Seppur lecito, per molti è un disagio molto forte, se non un ostacolo alle cure, e questa pratica disattende il rispetto di quel “principio di prossimità e raggiungibilità” che viene citato dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa.

Anche le difficoltà a contattare il Cup (Centro unico di prenotazione regionale) sono denunciate frequentemente, visto che più di 1/5 degli intervistati dice di averle avute, tra attese molto lunghe, numeri sempre occupati e linea che cade dopo aver atteso inutilmente. Ma purtroppo, sulle attese al telefono con il Cup, non sono previste particolari tutele.
La situazione non migliora sul fronte ricoveri. Dei 1.100 intervistati, in circa 300 hanno detto di essere stati inseriti in lista d’attesa per un ricovero negli ultimi due anni. Poco più della metà dei cittadini è stata ricoverata nei tempi previsti; circa 100 persone invece non sono state così fortunate e circa 50 sono ancora in attesa di sapere quando verranno chiamate. Fra i motivi dei ritardi riscontrati: la mancanza di medici, di letti, l’assenza dell’agenda dei prossimi mesi. In tutte le testimonianze traspare comunque l’impotenza dell’attesa senza informazioni: è difficile essere ricontattati anche quando promesso, avere prospettive chiare rispetto al ricovero, spesso non si viene più ricontattati e si rimane in sospeso.

 

A fronte delle difficoltà che si incontrano nella sanità pubblica, metà degli intervistati che ha segnalato problemi ha deciso alla fine di rivolgersi ai privati. Le strutture private, tuttavia, non possono rappresentare la soluzione al problema delle liste d’attesa: intanto perché implicano una spesa da parte dei cittadini che si dovrebbe poter evitare, poiché la salute è un diritto costituzionale e tutti contribuiscono con le proprie tasse al finanziamento del Ssn. Al contrario si tratta invece di un costo che sta diventando sempre più insostenibile per gli italiani, come evidenziato nell’ultimo Termometro Altroconsumo, da cui emerge che il numero di famiglie il cui bilancio è messo a dura prova da uscite che riguardano l’ambito sanitario è aumentato dal 43% nel 2022 al 47% nel 2023. Al momento, invece, l’unica alternativa concreta per chi non ricorre al privato è attendere mesi e mesi per recarsi in strutture molto scomode oppure rinunciare a curarsi, come denuncia 1/10 circa delle persone interpellate.

 

 

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