21 Maggio 2024

Pronto soccorso al collasso: l'allarme risuona in Parlamento

Si è chiusa l'indagine conoscitiva della commissione Affari sociali della Camera. Nursind Sanità ne anticipa il documento conclusivo che chiede tra l'altro di valorizzare e difendere il personale medico e infermieristico

Di Ulisse Spinnato Vega

È “la punta dell’iceberg”, il campanello d’allarme più assordante che segnala però il malessere ormai endemico in seno alla sanità pubblica italiana. La condizione dei Pronto soccorso e dell’emergenza-urgenza è stata fatta oggetto di una preoccupata indagine conoscitiva da parte della commissione Affari sociali della Camera dei deputati. Il documento conclusivo, di cui Nursind Sanità è in grado di anticipare i contenuti, dovrebbe essere votato oggi e presentato alla stampa domani. Il vulnus è così grave e ampio, così tanti i temi coinvolti che il termine per la conclusione dell’indagine, inizialmente fissato entro la fine del 2023, è stato più volte prorogato fino al 31 marzo scorso.

Sono fondamentalmente quattro, secondo la relazione, le cause di quello che ormai si può definire, in molti casi, un vero e proprio collasso. La prima è la carenza di personale medico e infermieristico, con numeri che ballano in relazione alle diverse stime. La seconda riguarda i tempi dilatati di attesa tra il momento dell’accettazione al Pronto soccorso e il momento del ricovero (boarding), connessi ai troppi accessi (20-21 milioni l’anno) e alla penuria di posti letto nei reparti di degenza (3,1 ogni mille abitanti contro una media europea di 5,2 secondo Eurostat). La terza è legata all’eccessivo numero di accessi impropri, dato che i codici verdi e bianchi superano abbondantemente il 50% degli ingressi totali. Infine, pesa la disaffezione per la medicina di emergenza-urgenza da parte dei giovani medici e non solo, viste le gravose condizioni di lavoro e la scarsa valorizzazione economica: non a caso, nel 2023 il 69% delle borse a disposizione non è stato assegnato e numerosi sono anche gli abbandoni (10-20%).

Grazie ai 48 soggetti auditi, la commissione parlamentare individua anche un set di interventi risolutivi. In primis il potenziamento dell’assistenza territoriale e la telemedicina, con la realizzazione della riforma voluta dal Pnrr e disegnata nel Dm 77. In tal senso i parlamentari citano esplicitamente la figura dell’Infermiere di famiglia e di comunità. Poi, una maggiore disponibilità di posti letto, che dovrebbe derivare anche dalla riorganizzazione della medicina del territorio e dallo sviluppo delle strutture intermedie per le cure a bassa intensità. Quindi c’è il nodo della riduzione delle liste d’attesa, con “una soluzione volta ad affrontare il problema in modo organico”, spiega la relazione conclusiva, aggiungendo che bisogna “puntare soprattutto su un’effettiva unificazione delle agende delle prenotazioni effettuate presso il soggetto pubblico e il privato accreditato” ed è necessario “realizzare un reale monitoraggio dei tempi delle singole aziende ospedaliere, in modo da erogare alle Regioni finanziamenti mirati, non a pioggia”.

Successivamente, viene menzionata la vexata quaestio della appropriatezza delle prescrizioni, che ha suscitato forti polemiche in occasione dell’uscita di indiscrezioni stampa sul prossimo decreto del ministero della Salute. Il documento in tal senso si limita a riferire che il controllo sulle ricette “deve essere volto a contenere quelle concernenti prestazioni non realmente necessarie, che contribuiscono ad allungare le liste d’attesa”. Ancora, risulta ormai improrogabile la riorganizzazione del sistema dell’emergenza-urgenza, con una compiuta integrazione della sua rete in quella ospedaliera, l’implementazione di percorsi alternativi di presa in carico e cura sulle urgenze minori e sui codici a bassa e media complessità assistenziale (See and treat e fast track), ma anche l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale dei numero unico per le emergenze 112 in cui convogliare anche il 118 e il corretto triage come snodo decisionale rispetto all’avvio dei pazienti verso il percorso di assistenza più appropriato. Infine la commissione Affari sociali si dilunga sulla valorizzazione organizzativa ed economica del personale sanitario, ma nondimeno sulla sua tutela rispetto al dilagante fenomeno delle aggressioni. E auspica la promozione dell’operato degli specializzandi. Il documento si chiude invece sulla necessaria opera di informazione ed educazione del cittadino, che vede la centralità della medicina generale, in modo da orientare meglio la domanda di salute.

Dalle audizioni è emersa poi la gravità paradossale del fenomeno dei cosiddetti gettonisti. Per la relazione parlamentare si tratta di “espedienti discutibili in quanto rischiano di produrre effetti deleteri sull’assistenza e sul clima lavorativo, principalmente a causa delle competenze incerte dei lavoratori esterni, della loro mancata integrazione nel luogo di lavoro transitorio, del guadagno di gran lunga superiore rispetto a coloro che svolgono le stesse mansioni da dipendenti, che quindi tendono a demotivarsi ulteriormente”. Va ricordato, in tal senso, che il Ssn ha speso 1,7 miliardi di euro negli ultimi cinque anni per queste figure.

Tra gli auditi, il ministro della Salute Orazio Schillaci ha sottolineato i provvedimenti in itinere o già realizzati dal governo per decongestionare la domanda di salute che si rivolge ai Pronto soccorso e per valorizzare il personale dell’emergenza-urgenza (per esempio le indennità orarie di 100 e 50 euro per medici e infermieri, oltre ai benefici per l’accesso alla pensione, previsti dal decreto 34 dell’anno scorso). Quindi, proprio in merito ai gettonisti, il ministro ha precisato che il fenomeno, riconducibile temporalmente all’emergenza Covid per i medici e al periodo pre-pandemico per gli infermieri, sembra diminuire nel 2022, anche se questo dato non deve far pensare a una sua cessazione, poiché risente molto verosimilmente dell’avvio di accordi quadro negli anni precedenti. Per arginare in modo sostanziale il ricorso a prestazioni lavorative esterne in sanità, secondo Schillaci, è necessario agire sui limiti alla spesa per il personale, direzione verso la quale il ministero della Salute si sta muovendo, a suo dire, in modo significativo.

 

La bozza del documento conclusivo


 

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