16 Luglio 2024

Liste d'attesa, si cerca ancora il compromesso Governo-Regioni

Slitta a domani l'approdo in Aula al Senato del testo. Minoranze sul piede di guerra. La segretaria Pd Schlein: "Il decreto 'fuffa' è diventato 'zuffa' tra di loro". M5s: "Sanità ostaggio di una maggioranza divisa". Sbrollini (Iv): "Ritirino il provvedimento"

Di Paola Alagia

Alla fine le scadenze detteranno la linea. E le scadenze sono l’approvazione del decreto liste d’attesa entro il prossimo 6 agosto, con l’approdo alla Camera del provvedimento (dove si finirà per cedere al voto di fiducia) il prossimo 22 luglio, come da calendario dei lavori fissato dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Intanto, però, il testo che doveva arrivare nell’emiciclo di Palazzo Madama già oggi slitta di un giorno, come spiegato dal presidente della commissione Affari sociali e Sanità del Senato, Francesco Zaffini. Il senatore di FdI ha infatti annunciato che "il relatore (Ignazio Zullo, ndr) del provvedimento riferirà in Aula domani" e che al momento in Commissione "è in corso una dialettica con le associazioni di categoria e con le Regioni".

Dialettica per non dire scontro. Alla base dei ritardi, infatti, rimane il tira e molla Regioni (per lo più a trazione Lega) e parlamentari del Carroccio da una parte e governo dall’altra, con il ministro Orazio Schillaci nel ruolo di vaso di coccio tra due di ferro. Galeotto l’articolo 2 del testo che nella versione del provvedimento licenziato da Palazzo Chigi prevedeva l’istituzione - indigesta per i governatori - di un organismo in capo a Lungotevere Ripa con potere di controllo, oltre che di sanzione in caso di inadempienza, sulle Asl. Ed è su questo nodo che la maggioranza è al lavoro e sta predisponendo la ricetta in grado di rendere il meno indigesto possibile il pasto sulle liste d’attesa che l’esecutivo vuole ammannire.

In sostanza, mentre già ieri andava in soffitta la modifica Borghi (dal nome del senatore leghista proponente) sull’abolizione dell’obbligo vaccinale nella fascia 0-16 anni, dichiarata inammissibile per estraneità di materia, il nuovo emendamento di maggioranza, o per meglio dire della tregua in maggioranza, punta a restituire alle Regioni il potere sulle aziende sanitarie. Una soluzione di compromesso che tra poche si capirà se regge o meno, dal momento che oggi stesso è previsto un nuovo confronto in sede di Conferenza Stato-Regioni

Ma le minoranze restano sul piede di guerra. Sul metodo e sul merito. Con i senatori del Movimento cinque stelle in commissione Affari sociali Orfeo Mazzella, Mariolina Castellone e Barbara Guidolin che tornano a denunciare come  la X Commissione sia stata "nuovamente sconvocata dalla maggioranza, incapace di trovare un accordo sull’ormai celebre articolo 2. Attendiamo da settimane – attaccano - di discutere un provvedimento a lungo sbandierato da questa destra solo per accaparrarsi qualche voto in più alle europee e poi dimenticato in soffitta a prendere polvere, messo in attesa come i cittadini italiani che aspettano di potersi curare in tempi dignitosi”. E poi ancora: "Meloni e Schillaci sono stati ‘pronti’, come da slogan, a fare grandi annunci su miracolose soluzioni per le liste d’attesa, ma la verità è che di pronto non c’è proprio nulla".

 

I Cinque stelle parlano di "maggioranza spaccata": "Esiste un conflitto interno tra la Lega e Fratelli d’Italia che non può essere sanato e nel frattempo noi – nella strana idea di democrazia di questa destra – dovremmo solo aspettare in silenzio. Nel frattempo, le Regioni, cui la premier aveva promesso sostegno concreto, si ritrovano loro malgrado coinvolte in uno scontro istituzionale con lo Stato. Nel frattempo, la sanità del nostro Paese, già alle prese con le sue enormi criticità, è triste ostaggio di una maggioranza divisa e drammaticamente inadeguata".

 

Non meno duro il presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia, che  intervenendo in Aula in mattinata ha chiesto "rispetto per il lavoro delle commissioni: non siamo al mercato - ha detto -, siamo a Palazzo Madama". Per poi sottolineare: "Vogliamo capire se al Senato ci sono le condizioni perché le tesi del governo e della maggioranza e quelle delle opposizioni si possano confrontare come è normale nella vita democratica, oppure se non ci sono, se di fronte agli emendamenti del Pd il governo dice solo ‘non ci interessano’".  Proprio il Pd oggi ha schierato in conferenza stampa tutti i big del partito, a cominciare dalla segretaria Elly Schlein, lo stesso Boccia e, tra gli altri, la responsabile sanità a via del Nazareno, Marina Sereni, per denunciare gli intoppi sull’iter del provvedimento e rilanciare le sue proposte. 

 

Non a caso di "boutade elettorale" torna a parlare Schlein: "Quello che avevamo denunciato durante la campagna elettorale si è realizzato: questo è un decreto fuffa. Non è pensabile raccontare agli italiani che si possa risolvere il problema liste d’attesa senza metterci un euro”. Per poi rincarare: “È passato un mese e il decreto ‘fuffa’ è diventato ‘zuffa’ tra di loro. Zuffa tra i partiti e zuffa con le Regioni".  La segretaria dem agita poi lo spettro di uno smantellamento della sanità pubblica: "Lavorano in questa direzione", attacca. Quindi la critica alla ricetta di governo e maggioranza: i tempi di attesa "non si possono affrontare facendo lavorare di più personale già stremato, noi chiediamo nuove assunzioni”. E soprattutto non si possono affrontare "con un sistema vessatorio. Credo che il governo si debba fermare, debba dare ascolto al mondo della sanità pubblica e anche a noi". Mentre, Meloni è più preoccupata "a tenere buono Salvini che della salute degli italiani”.

Non meno duro infine il giudizio di Italia viva che con la senatrice Daniela Sbrollini, vicepresidente della commissione Affari sociali e Sanità, tira le somme così: "Domani il decreto Liste d’attesa arriverà in Aula al Senato svuotato di ogni contenuto, sia per la bocciatura delle Regioni che per la mancanza di risorse. Il governo farebbe bene a ritirarlo, dato che non serve più a nulla". Per Sbrollini invece la telenovela è destinata a proseguire: "Ci sono continui rinvii e ci prepariamo alla seduta notturna in Commissione. Tutto questo evidenzia l’incapacità del governo di dare risposte su un tema delicato come la riduzione delle liste d’attesa. Questo decreto, presentato alla vigilia delle elezioni europee, aveva suscitato grandi aspettative. E, per una volta, aveva anche carattere di urgenza. Oggi, dopo più di un mese da quel 7 giugno conclude– siamo ancora in alto mare".

 

 

 

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