26 Settembre 2024

"L'assistente infermiere? Un passo avanti da sperimentare sul campo"

L'INTERVISTA. Sereni (responsabile Sanità Pd): "Risponde all'esigenza di qualificare meglio gli Oss e alleggerire il lavoro degli infermieri, favorendone un percorso professionale più dinamico". Come ogni innovazione, "va monitorata per poi, se serve, correggere il tiro"

Di Marta Tartarini
"L'assistente infermiere? Un passo avanti da sperimentare sul campo"

L'istituzione dell'assistente infermiere è "un passo avanti, una innovazione da sperimentare", perché risponde all'esigenza di "qualificare meglio gli operatori sociosanitari e alleggerire le mansioni dell'infermiere, aiutandolo a costruire un percorso professionale più dinamico". Marina Sereni, responsabile Sanità del Partito democratico, interviene con una idea molto chiara nel dibattito attorno alla nuova figura su cui è imminente il via libera dalla Conferenza Stato-Regioni. Interpellata da Nursind Sanità, Sereni chiede però che si garantiscano adeguati investimenti al Servizio sanitario nazionale anche per poter "retribuire meglio tutte le professioni sanitarie, che vivono una fase di grande disaffezione da parte dei giovani".

Nel valutare questa figura ritiene che prevalgano più luci che ombre?
Direi di sì, ma devo fare due premesse. La prima è che senza maggiori risorse qualsiasi provvedimento finalizzato a rendere migliori i servizi sanitari rischia di essere un palliativo non del tutto efficace. La seconda è che siamo di fronte a un crollo dell'attrattività delle professioni sanitarie e di quella dell'infermiere in particolare. La nuova figura, quindi, può essere un passo avanti, ma dobbiamo pagare meglio gli infermieri e cambiarne il percorso di carriera, perché nel nostro Paese ne mancano ben 70mila. Solo a quel punto, l’assistente infermiere potrà risolvere alcune problematiche che gli infermieri in servizio hanno manifestato.

Quali?
In una situazione di penuria di personale, l'assistente infermiere ha due pregi. Il primo è offrire una maggiore professionalizzazione agli Oss, il secondo è dare all'infermiere la possibilità di delegare alcune mansioni. Questa trasformazione consentirà anche di valutare se ci sono mansioni, attualmente in capo ai medici, che possano essere esercitate dalla professione infermieristica.

Tra le obiezioni che vengono sollevate nel dibattito, c’è chi sostiene che sarebbe stato meglio intervenire con una legge o comunque a livello nazionale anche per inserire questa figura nelle professioni sanitarie. Lei cosa ne pensa?
Io credo che sia bene sperimentare l'efficacia del nuovo profilo sul campo, poi si vedrà se sarà necessario un intervento diverso, a livello nazionale, ma già prevedere, con un accordo in Stato-Regioni, una formazione omogenea a livello territoriale è importante. In una seconda fase si potrà pensare a una nuova normativa, anche sulla professione infermieristica. È un tema delicato che dobbiamo discutere insieme, con tutte le professioni, per una loro evoluzione senza contrapporre tra loro gli operatori. Ad esempio, per gli infermieri si può pensare all'accesso alla dirigenza non solo se hai fatto il master in management, ma anche con delle specializzazioni post- laurea che permettano di avere un avanzamento di carriera.

Anche il nome “assistente infermiere” sta generando dibattitto. La convince questa definizione?
Dobbiamo essere chiari sulla funzione: questa nuova figura nasce proprio da un'esigenza espressa dall'infermiere e dalla sua difficoltà a farsi carico di tutte le mansioni. Credo che il nome rispecchi la sua funzione, poi c'è chi chiede chiarezza sulle responsabilità ed è giusto, ma come ogni innovazione anche questa va monitorata concretamente e se serve, poi, correggere il tiro.

 

 

 

 

 

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