Dagli antibiotici ai vaccini, ecco i farmaci che mancano
Una indisponibilità confermata dal 98,9% dei farmacisti, come emerge dal VII Rapporto Cittadinanzattiva-Federfarma. L'indagine fa il punto sulla sperimentazione della "farmacia dei servizi". Tutti i numeri
Di NS

Negli ultimi 12 mesi il settore farmaceutico ha registrato durevoli e/o sistematiche indisponibilità e carenze di farmaci. Si tratta in particolare di farmaci per malattie croniche (94,1%); antibiotici (50,4%); antinfiammatori (18,1%); vaccini (13,8%); medicinali oncologici (11,1%); antipiretici (8%). Una consapevolezza unanime (98,9%) tra i farmacisti. Non solo, ma si tratta di una condizione riscontrata nell’ultimo anno ovviamente anche da molte persone: nel 29,6% dei casi l'attesa era comunque compatibile con le proprie esigenze di salute, per l’11,8% era invece incompatibile. Sono alcuni dei dati emersi dal VII Rapporto sulla farmacia di Cittadinanzattiva e Federfarma, alla cui realizzazione hanno partecipato 1600 farmacie e 1200 cittadini.
Il rapporto fa il punto anche sulla farmacia dei servizi che è ancora a livello sperimentale e, come tutte le sperimentazioni, da vagliare sul campo. Ma cosa dicono i numeri?
Secondo lo studio, intanto, aumenta il numero delle farmacie coinvolte nella sperimentazione: nei primi tre anni di rilevazioni, il dato oscillava intorno al 60%, negli ultimi due anni supera il 70% (73,8%). In costante ascesa anche l’adesione delle farmacie ad iniziative di screening per tumore al colon-retto: si passa dal 18% del 2018 al 78,8% del 2024. Tra i servizi offerti, è la telemedicina l’area di maggior crescita: se nel 2018 erano il 10% quelle che offrivano il telemonitoraggio della pressione arteriosa, nel 2024 si supera il 70%. Analogamente la telecardiologia passa dal 28% al 76,5%. Cresce la diffusione del servizio CUP, dal 63% del 2018 al 79,1% del 2024. Non si consolida purtroppo il dato sull’impegno delle farmacie in tema di aderenza alle terapie: bassa la partecipazione dei farmacisti ai programmi di supporto (28,3%), con il 51,9% di loro che segnala ostacoli burocratici. Altra area che meriterebbe di essere rafforzata è quella relativa ai servizi di supporto all’Assistenza domiciliare integrata (Adi), con valori rispetto agli altri servizi offerti in farmacia sempre molto bassi (nel 2018: 7%, nel 2024: 6,5%).
I SERVIZI
A detta dei farmacisti interpellati, cresce l’offerta dei servizi. Rispetto al 2023, aumenta il numero di farmacie che offre una gamma di servizi: test/esami diagnostici quali l’esame della glicemia (83,7%, nel 2023 era l’81,6%), del colesterolo (79,1% rispetto al 78,4% del 2023), dei trigliceridi (74,7%, un anno fa il dato si fermava al 73%); CUP e servizi correlati (79,1% rispetto al 77,4% del 2023).
Diffusa la possibilità di prenotare e ritirare farmaci e prodotti in farmacia (85%), così come il tradizionale servizio delle preparazioni galeniche (62,2%). Di contro ancora poco sviluppata l’offerta di servizi di supporto all’ADI (6,5%).
A detta dei cittadini, i servizi maggiormente fruiti rimangono gli stessi del 2023, ma la richiesta è in leggero calo: prenotazione di farmaci e altri prodotti da ritirare in farmacia (richiesto dall’84% degli interpellati, nel 2023 era l’86,5%), monitoraggio dei parametri (45,7%, nel 2024. nel 2023 era 46,3%), CUP e servizi correlati (34,7%. Nel 2023: 38,7%), preparazioni galeniche (28,4%. Nel 2023: 34%). Tra le prestazioni che non erano a conoscenza si potessero trovare in farmacia, troviamo spirometria (10,1%), servizi di supporto all’Adi (9%), programmi di supporto all’aderenza terapeutica (8,1%).
FARMACIE RURALI E DESERTIFICAZIONE SANITARIA
Poco più di un terzo dei farmacisti interpellati ha indicato che la propria farmacia si trova in una zona rurale. Di queste, l’80,1% è una farmacia rurale sussidiata, collocandosi in un comune con meno di 3000 abitanti.
"È interessante notare - si legge nel comunicato di Cittadinanzattiva e Federfarma - come la vicinanza delle farmacie sussidiate ad ambulatori e strutture sanitarie pubbliche è meno frequente rispetto a quelle collocate genericamente nelle zone rurali, a dimostrazione di quanto esse siano - in entrambi i casi, ma in particolar modo nei comuni con meno di 3000 abitanti - un presidio prezioso di contrasto al fenomeno della ‘desertificazione sanitaria’, cioè all'assenza o rarefazione, in rapporto alla popolazione residente, di professionisti sanitari". C’è, infatti, entro 10km: un ambulatorio del medico di medicina generale per il 96,5% delle rurali e il 92,7% delle sussidiate, un poliambulatorio o un ospedale per il 68,2% delle rurali e il 59,2% delle sussidiate, un ambulatorio pediatrico per il 68,2% delle rurali e per il 54,8% delle rurali sussidiate.
FARMACI EQUIVALENTI
Quasi la metà (48,7%) delle persone intervistate utilizza abitualmente un farmaco equivalente, un ulteriore 44,6% dichiara di assumerlo saltuariamente. Chi proprio non lo usa è il 6,7% del campione.
In particolare, si rileva che Abruzzo (17,6%), Lazio (14,7%), Molise (12,5%), Umbria (12%) e Sardegna (10%) presentano i valori relativi più alti in coloro che dichiarano di non assumere mai i farmaci equivalenti. Nei fatti anche nel presente Rapporto, così come nelle rilevazioni ufficiali, è il Sud l’area dove è più facile trovare persone che dichiarano di non assumere mai il farmaco equivalente, a fronte del Nord che, di contro, è l’area dove si registra un più diffuso consumo abituale di tali farmaci.
Quanto alla fascia di età di chi si è espresso sui farmaci equivalenti, c’è da registrare che i giovani dai 18 ai 30 anni dichiarano di utilizzarli abitualmente, seguiti dai senior 75/84 anni. Gli anziani over 85 anni sono coloro che maggiormente ammettono di non utilizzarli mai.
Tra le persone che ammettono di non conoscere la differenza tra principio attivo e nome commerciale del farmaco, prevalgono coloro della fascia di età dai 64 ai 74 anni. Al contrario, nei giovani 18/30 anni nessuno mostra incertezze al riguardo. Tra i motivi di rifiuto dei farmaci equivalenti, i farmacisti (il 93,5%) rilevano nei cittadini il timore che non siano equivalenti in termini di efficacia, qualità e sicurezza, o problemi con l'identificazione della confezione (62,6%) o ancora abitudini che non si è disposti a cambiare (62,1%). Tra i pazienti che si rifiutano di assumere un farmaco equivalente, prevale il timore che non siano “equivalenti” (57,9%), la fermezza di non volersi assumere alcuna responsabilità finché non sia il medico prescrittore a farlo (18,4%), la diversa composizione degli eccipienti (15,8%).
Per chi, invece, sceglie di usare gli equivalenti, influisce molto la fiducia riposta nel farmacista (48,8%), il risparmio (39,7%), il fatto che a prescriverlo sia stato il medico (19,7%) o la fiducia riposta nel produttore (8,7%). La motivazione del risparmio primeggia unicamente tra i giovani 18/30 anni, mentre in tutte le altre fasce d’età prevale la fiducia nella proposta fatta dal farmacista.
MEDICINA DI GENERE
Il 36,6% delle farmacie ha indicato di essersi impegnato in campagne specifiche nell'ambito della medicina di genere, e vi ha partecipato il 64,9% dei cittadini coinvolti in particolare per campagne di prevenzione e screening. Permane un non irrilevante 11,2% di persone che non ne ha ancora piena consapevolezza.
CANALI DISTRIBUTIVI E PROSSIMITÀ
Il 79,8% dei farmacisti intervistati dichiara di aver già iniziato a gestire la distribuzione dei farmaci riclassificati dalla fascia A-PHT (canale ospedaliero) alla fascia A (come da indicazioni Aifa): una novità apprezzata da chi ne usufruisce, a detta del 55,9% dei farmacisti, anche se ancora rilevante appare, agli occhi del 32,7%, la quota di cittadini che non ne ha consapevolezza. Al riguardo, ad esplicita domanda se fosse a conoscenza della novità che rende disponibili alcuni farmaci per il diabete, precedentemente distribuiti in diretta e DPC, ora disponibili in regime convenzionato nelle farmacie di comunità, solo il 13,8% di persone ha risposto di esserne consapevole.
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