Infermieri e mobilità: il Veneto punta a superare la rigidità dei concorsi
Un caso che potrebbe far scuola a livello nazionale. La Regione sta mettendo in piedi una procedura aggregata e centralizzata per gestire i trasferimenti tra aziende sanitarie. Bottega (Nursind): “Monitorare i motivi delle richieste di trasferimento”
Di U.S.V.

Migliorare gli esiti del reclutamento, rendendo più attrattiva la professione infermieristica, e trattenere in servizio gli operatori della salute, contrastando il fenomeno delle dimissioni impreviste. I nodi sono sempre gli stessi, ma la Regione Veneto diventa un caso che potrebbe far scuola a livello nazionale grazie all’individuazione di strumenti nuovi e in qualche modo creativi per far fronte alla carenza cronica di infermieri. È infatti in cottura una delibera regionale che punta a fluidificare la mobilità infra-regionale, superando la rigidità dei trasferimenti tra aziende sanitarie vincolati ai concorsi pubblici.
“Ben venga ogni iniziativa che favorisce l’attrattività e il mantenimento in servizio”, commenta a Nursind Sanità il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega, che è veneto e conosce da vicino il dossier. In pratica, si tratta di un progetto pilota che prevede a regime l’introduzione di una piattaforma per la gestione aggregata e centralizzata della mobilità volontaria esterna degli infermieri. Azienda Zero, l’ente regionale di governance sanitaria, punta a migliorare l’allocazione delle risorse e il benessere dei lavoratori, a fronte di concorsi che troppo spesso vanno a vuoto e dell’emorragia di personale in servizio.
I professionisti interessati inoltreranno le domande di mobilità e potranno indicare non solo l’azienda sanitaria di preferenza, ma anche uno specifico distretto, in modo da circoscrivere meglio la destinazione del trasferimento. Il bando è atteso ad inizio aprile, gli enti faranno i colloqui, valuteranno i candidati e concorderanno tra loro le procedure di passaggio da una azienda all'altra. Per fine settembre l’iter dovrebbe essere concluso con almeno una indicazione di accettazione o meno della domanda di mobilità, ancorché l’entrata in servizio potrebbe avvenire successivamente, dopo il nuovo concorso che è atteso per fine anno. In questo modo si consentirebbe pure ai professionisti di smaltire eventuali straordinari, permessi o ferie, senza portarseli dietro nella sede che li accoglierà.
Naturalmente, qualche azienda sanitaria potrebbe trovarsi con un saldo negativo tra richieste di uscita e candidature in entrata: ci penserà dunque la successiva procedura di reclutamento a coprire gli eventuali buchi con risorse fresche. La propedeuticità tra il progetto pilota sulla mobilità e il successivo concorso è importante anche per evitare che il concorso stesso sia affollato di personale già reclutato che cerca solo di cambiare sede. In Veneto, infatti, si viaggia intorno al 40% di partecipazione da parte di dipendenti che non hanno ottenuto la mobilità e ciò vanifica in gran parte l’obiettivo di intercettare i neolaureati. Va detto che al bando sperimentale potranno partecipare solo gli infermieri con almeno cinque anni di anzianità.
Bottega chiosa: “Ho chiesto pure che vengano monitorati i motivi per cui si chiede la mobilità. Oltre a esigenze logistiche, infatti, potrebbero esserci ragioni legate alla mancata valorizzazione professionale o alla tipologia di reparto in cui si desidera lavorare. Dunque, non si tratta solo di rendere più semplice e snello l’istituto normativo, ma di avere una mappatura che consenta al datore di comprendere come intervenire per migliorare l’attrattività e il mantenimento del personale”.
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