Professioni sanitarie, "La legge Lorenzin ha bisogno di un tagliando"
Intervista di Nursind Sanità al vicepresidente della commissione Affari sociali della Camera, Ciocchetti (FdI): "Dal 2018 tante cose sono cambiate, ma soprattutto abbiamo bisogno di rendere più attrattivi profili come quello degli infermieri"

“Una cosa è certa: la legge Lorenzin ha bisogno di un tagliando”. È la prima considerazione che fa con Nursind Sanità il deputato di FdI Luciano Ciocchetti, vicepresidente della commissione Affari sociali della Camera, dopo la conclusione dell’indagine conoscitiva per il riordino delle professioni sanitarie, di cui oggi stesso è stato approvato il documento finale.
Vicepresidente, andiamo con ordine. Quale sarà il prossimo step: una legge in Parlamento o d’iniziativa del governo?
Sono passate poche ore dal via libera del documento. È ancora presto per capire come ci si muoverà.
La materia è davvero vasta. C’è, come si suol dire, tanta carne al fuoco. A cosa bisognerà dare la precedenza?
La prima questione, ribadisco, è riformare la legge Lorenzin. Ma non lo dico io, lo hanno sostenuto tutti i soggetti che abbiamo audito in questi mesi. Anche perché dal 2018 a oggi molte cose sono cambiate. E, soprattutto, abbiamo l’urgenza di rendere più attrattive alcune professioni in particolare nel pubblico.
Si riferisce, immagino, agli infermieri. È così?
Sì, anche se alcune novità sono state introdotte in Conferenza Stato-Regioni, come i tre corsi di laurea. Ma penso pure agli Oss che vogliono crescere professionalmente.
Il documento contiene, a tal proposito, la proposta di promuovere corsi universitari seraliper Oss che puntano a diventare infermieri conseguendo il titolo.
Sì. È stata una proposta che ho avanzato io proprio per dare anche a questi operatori una possibilità di crescita professionale.
È il grande tema di rendere attrattivi profili che rischiano di perdere o hanno perso appeal. Soltanto che se il focus si sposta sugli infermieri e sulla loro richiesta di maggiore autonomia e valorizzazione professionale i medici puntano i piedi. Come se ne esce?
Anche i medici devono rendersi conto che su alcune prestazioni di base - la prescrizione dei pannoloni, per fare un esempio – devono cedere. Questo è un tema importante. Ecco perché ritengo che bisogna riformare le attività in capo alle diverse professioni.
Facile a dirsi, ma difficile da fare…
Mi pare che questa sia anche la volontà del governo. Tra l’altro, parliamo di cose che già avvengono in altre realtà. Penso per esempio alla Gran Bretagna.
Abbiamo parlato di infermieri e Oss. Mancano all’appello, tra gli altri, i medici di medicina generale. Su questo fronte non mancano le difficoltà, in vista soprattutto del potenziamento della medicina territoriale.
Una cosa deve essere chiara: nessuno vuole fare ‘guerre di religione. Bisogna solo prendere atto della realtà. Abbiamo un dm77 e, quindi, la necessità di strutturare la medicina sul territorio. Ciò che serve, quindi, è un accordo alto in grado di contemperare le esigenza dei Mmg di salvaguardare la libera scelta dei cittadini, con quelle delle Case di comunità, nelle quali sono richieste delle ore di attività da parte appunto dei medici di famiglia.
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