Fibromialgici in sciopero della fame, "Avanti finché non avremo una legge"
Intervista di Nursind Sanità alla vicepresidente Aisf, Giuseppina Fabio: "Chiediamo fondi per cura, diagnosi e ricerca. Mancano poi le tutele per poter lavorare". Sul nuovo decreto Tariffe: "Nessuna ricaduta immediata, ma si apre la strada all'aggiornamento dei Lea"

Nessuna risposta alla protesta dei malati di fibromialgia, che nelle settimane addietro hanno fatto sentire la loro voce anche con una manifestazione a Roma, dando il via a uno sciopero della fame a staffetta che è ancora in corso. Chiedono che il governo riconosca la malattia come cronica e invalidante, inserendola nei Lea, e un testo unico sulla patologia. Qualcosa però si è mosso con il via libera giovedì 14 novembre in Conferenza Stato-Regioni, del decreto Tariffe. Un "passo avanti, ma insufficiente", per Giuseppina Fabio, vicepresidente dell'Aisf (Associazione italiana sindrome fibromialgica), che fa il punto sulla mobilitazione con Nursind Sanità.
In particolare, nell'immediato l'associazione chiede lo "stanziamento di fondi per la cura, diagnosi e ricerca" nella manovra all'esame alla Camera.
Dopo l'allarme che avete lanciato e lo sciopero a staffetta avete avuto qualche riscontro?
No, non si è mosso nulla, per cui andiamo avanti fino a che non avremo risposte.
Nel frattempo è arrivato, dopo sette anni di attesa, l'ok al tariffario. Non è una buona notizia?
È sicuramente un passaggio importante, necessario a sbloccare i Lea del 2017, che però non ci riguardano direttamente. Per noi infatti non c'è una ricaduta immediata, ma questa intesa apre la strada all'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza su cui puntiamo molto per il riconoscimento della fibromialgia quale patologia cronica e invalidante. Speriamo che nel 2025 arrivino i nuovi Lea, abbiamo buone possibilità di vedere accolta la nostra richiesta in quanto la Commissione tecnica già a fine 2020 ha dato parere favorevole.
Questo porterà alle esenzioni che chiedete per cure e visite?
Non sappiamo esattamente quali esenzioni verranno riconosciute, ma speriamo che per una serie di spese si possa avere la gratuità. Poi c'è il tema dell’invalidità civile ma è un'altra partita.
Il paziente affetto da fibromialgia è sempre definibile invalido?
No, dipende dai casi e dalla concomitanza di altre malattie. Quindi, per il riconoscimento dell'invalidità civile ogni caso va valutato a sè.
Un primo banco di prova per capire se la vostra protesta verrà ascoltata è la legge di Bilancio, anche se le risorse in campo sono davvero poche. Cosa vi aspettate?
Chiediamo che siano inseriti dei fondi per la cura, la diagnosi e la ricerca. Nel 2022 sono stati stanziati 5 milioni, una cifra molto bassa, perché ne servirebbero molti di più, ma intanto qualcosa si era mosso e le risorse sono state attribuite alle Regioni, che in gran parte le hanno investite a favore dei nostri pazienti.
Lei parla di fondi che, però, al momento non sono ricompresi nella manovra.
No, ma speriamo che in fase di conversione in Parlamento, in questi giorni, si possa rimediare. Ci siamo appellati a diversi esponenti politici e speriamo che ci sia attenzione.
Come sa, i margini di manovra anche per i parlamentari sono davvero piccoli. C’è qualche altro segnale che vi farebbe desistere dallo sciopero?
Non ci fermeremo fino a che il Parlamento non discuterà un testo di legge specifico per la fibromialgia. Ci sono diverse proposte depositate sia alla Camera che al Senato. A Palazzo Madama ad esempio sono stati presentati sei disegni di legge, ma sono tutti fermi. Di fronte alle nostre sollecitazioni, la loro proposta è stata di inserire le tutele per i nostri malati in un testo che riguarda le patologie reumatologiche, ma questo non ci basta.
Perché?
Sarebbe un contentino che non serve a nulla: noi abbiamo bisogno di vedere riconosciute le specificità della patologia, su cui si parte da zero dal punto di vista normativo.
Che cosa dovrebbe contenere legge?
Intanto i fondi per le cure, la diagnosi e la ricerca, poi una formazione specifica rivolta ai medici di medicina generale, perché spesso non conoscono questa patologia, pur essendo loro a dover gestire i pazienti nella loro cronicità, dopo la diagnosi di uno specialista. Inoltre, chiediamo misure che ci consentano di lavorare, perché non vogliamo essere un peso, vogliamo poter condurre un vita normale pur nei limiti dati dalla malattia.
Sul lavoro quali sono le tutele che mancano?
Noi abbiamo difficoltà soprattutto la mattina, in alcuni casi servono tempi lunghi per metterci in piedi e poter iniziare una attività. Sarebbe utile, quindi, lo smart working e/o orari ridotti. Serve una legge che garantisca la possibilità di lavorare, altrimenti il rischio è che molti rinunciano al lavoro.
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