Ssn, carenza di personale e di risorse i nodi per una riforma delle professioni
Via libera in commissione Affari sociali della Camera al documento conclusivo dell'indagine conoscitiva. Sul testo si sono astenute le opposizioni. Dopo cinque mesi di audizioni, ecco le priorità emerse

La carenza di personale, seppure con le dovute differenze a seconda delle categorie, e l’insufficienza di risorse. Non potevano essere che questi i due nodi principali emersi nel corso dell’indagine conoscitiva condotta dalla commissione Affari sociali della Camera sul riordino delle professioni sanitarie. Il documento conclusivo, che Nursind Sanità ha avuto modo di visionare, è stato votato oggi dai commissari (le opposzioni si sono astenute), dopo oltre cinque mesi di lavoro. Le audizioni di tutti i soggetti coinvolti, dai sindacati di categoria agli Ordini, erano iniziate, infatti, il 23 ottobre scorso. Un testo che riporta nero su bianco la richiesta di intervento pressoché unanime da parte degli stakeholders su entrambi i fronti, prevedendo, appunto “lo stanziamento di ulteriori risorse per le assunzioni e per la stabilizzazione del personale precario” e parallelamente ulteriori “provvedimenti finalizzati al superamento dei tetti di spesa”.
L’ALLARME DESERTIFICAZIONE SANITARIA
“In primo luogo – si legge nel documento - dall’indagine è emerso che siamo di fronte a una vera e propria emergenza per quanto riguarda le risorse umane e la loro distribuzione geografica, tanto da far parlare di una ‘desertificazione sanitaria’”. Nel caso del personale medico, però, il problema è legato per lo più a determinate aree geografiche e soprattutto ad alcune specializzazioni, quali la medicina d’emergenza-urgenza o l’anatomia patologica. Diverso e più fosco, invece, è il quadro che emerge sul fronte infermieristico. Come riporta il testo, infatti, “il rapporto tra paziente e infermieri si attesta su dati sensibilmente inferiori rispetto alla media dei Paesi dell’OCSE, sia per quanto riguarda il numero degli infermieri ogni mille abitanti (6,5 in Italia contro 9,8 della media dei Paesi OCSE), sia per il rapporto tra infermieri e medici (1,5 in Italia contro 2,6 nei Paesi Ocse)”. Non a caso i commissari parlano di “sicurezza per i pazienti e per il personale stesso”, ritenendo “necessarie e urgenti azioni sia per incentivare le nuove generazioni verso la professione sia per il mantenimento in servizio di coloro che la esercitano”.
NON MANCANO SOLO MEDICI E INFERMIERI
Tuttavia, nel nostro Ssn a mancare non sono solo medici e infermieri, ma anche fisioterapisti, tecnici di radiologia, ostetriche, assistenti sociali e, in ambito ospedaliero, pure i farmacisti di reparto. Senza dimenticare gli psicologi. Proprio loro hanno rimarcato la necessità di istituire il servizio di psicologia di base nell’ambito del Servizio sanitario nazionale (la proposta di legge sul tema è all’esame della Commissione).
L’indagine ha affrontato ovviamente anche il problema della carenza dei medici di medicina generale, tant’è che su questo fronte, ad esempio, è emersa l’esigenza di superare le graduatorie regionali.
LA NOTA DOLENTE DELLE RISORSE INSUFFICIENTI
Ma il personale non è, come detto, l’unico tasto dolente della nostra sanità. Alla base c’è sempre un problema di risorse che mancano. Lo stesso nodo delle assunzioni e delle retribuzioni, da più categorie denunciate come non consone a ruoli e responsabilità, del resto, rimanda come nel classico gioco dell’oca alla casella di partenza, che è quella dei fondi economici.
TETTI DI SPESA E STIPENDI AL PALO
A tal proposito, quello dei tetti di spesa per le assunzioni non è uno spauracchio bensì ancora un ostacolo reale al ricambio generazionale, nonostante i provvedimenti messi in campo negli anni (dal cosiddetto decreto Calabria al decreto liste d’attesa). E poi pesano gli stipendi bassi, inferiori rispetto alla media dei Paesi europei secondo dati Ocse, “con una differenza pari al 4 per cento per i medici e al 19 per cento per gli infermieri”.
RETRIBUZIONI E CARRIERA: LE PROPOSTE
Tra le proposte avanzate al riguardo spicca ad esempio la previsione dell’indennità di funzione per coloro che svolgono la propria attività in settori di particolare disagio come l’emergenza-urgenza. Così come l’introduzione del cosiddetto governo clinico che, riporta il documento, “rappresenterebbe un meccanismo di valorizzazione del personale, con l’attribuzione ai professionisti sanitari di responsabilità per la gestione efficiente delle risorse del Ssn”.
Gli infermieri, invece, puntano per lo più su una differenziazione del trattamento economico in base alla tipologia di attività svolta, prevedendo un incremento delle indennità correlato alla presenza in servizio e ai disagi affrontati. Ma soprattutto su una revisione dell’esercizio professionale, le cui regole sono ferme al secolo scorso, in modo da avere una maggiore autonomia professionale e “livelli crescenti di indennità e funzioni per la figura dell’infermiere generalista, dell’infermiere specialista e dell’infermiere di pratica avanzata”.
Anche perché quello che lamenta la categoria, e che l’indagine conoscitiva ha messo in luce, è proprio una scarsa valorizzazione delle competenze e una quasi assente prospettiva di carriera (che si aggiungono agli stipendi bassi). Problemi che condividono con i fisioterapisti.
ORGANIZZAZIONE E FORMAZIONE: GLI INPUT AL PARLAMENTO
Tirando le somme del lavoro svolto alla Camera in questi ultimi cinque mesi, c’è da dire che, nell’ottica di un riordino delle professioni sanitarie, non sono mancati spunti neppure sotto il profilo dell’organizzazione e della formazione. E’ emersa per esempio la necessità di una programmazione che tenga conto delle previsioni di pensionamenti, invecchiamento della popolazione, fabbisogni professionali e bisogni sanitari emergenti.
Mentre guardando alla formazione, tra gli input giunti in Parlamento c’è quello relativo ai medici di medicina generale il cui percorso formativo, si legge nel testo finale, dovrebbe essere equiparato “ai corsi di specializzazione previsti per le altre branche della medicina”. E che dire, poi, della proposta di promuovere corsi universitari serali per Oss che puntano a diventare infermieri conseguendo una laurea? Anche questo in realtà potrebbe rivelarsi un intervento in grado di incidere sia sul piano organizzativo che su quello formativo.
Certo, a scorrere le proposte e richieste degli addetti ai lavori, di materiale per buttare giù una proposta di riforma ampia sulle professioni sanitarie ce n’è in abbondanza. A questo punto, non resta che aspettare e vedere come si regolerà il legislatore.
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